mercoledì 2 settembre 2009

GASPARRI: “IN NOME DEL POLITICAMENTE CORRETTO NON SI PUÒ TRADIRE L’IDENTITÀ” di Cristiana Vivenzio*


Sembrava un fiume in piena Maurizio Gasparri, che non aspettava altro che il momento giusto per rompere gli argini. A Villa Tuscolana, dove da oggi e per sette giorni 75 studenti di centrodestra parteciperanno alla scuola di formazione politica di Magna Carta e Italia protagonista, il presidente dei senatori del Pdl ha parlato ai cuori e alle menti dei giovani pidiellini. Ma non solo. Sembrava esser venuto con la precisa intenzione di rinfocolare gli animi, di tirare fuori la passione della politica e tutto il peso di un passato che non merita di essere rinnegato. Ha usato parole forti, inequivocabili, è tornato a parlare un linguaggio antico e appassionato. Senza strascichi nostalgici ha semplicemente raccontato ad una giovane e alquanto attonita platea che i valori in cui per anni ha creduto e combattuto e rischiato nel nome del ferro e del sangue come molti suoi compagni di lotta politica non sono scomparsi con un colpo di spugna istituzionale, ma sono lì sempre presenti a ricordare quanto conta da dove si viene per decidere dove si va.
Con un ingombrante convitato di pietra che a tutti è sembrato fin troppo evidente, Gasparri ha toccato tutti i temi di più scottante attualità politica. È tornato a parlare di impegno, militanza e identità, di orgoglio nazionale e di laicità, di reducismo ed esperienza e ancora di cultura, energia, forza e decisione, che poi sono i caratteri della politica come la intende lui. “A volte bisogna decidere, prendere posizione. Non si può fare la media ponderata delle opinioni altrui” - ha detto Gasparri - “Bisogna assumersi responsabilità. Compiere scelte. Con il rischio di fare qualche errore. Ma questo modo di essere è per me l’unico che può scegliere chi vuol essere un punto di riferimento”. Poi l’ex colonnello di An comincia a sferrare i primi colpi: di uomini a caccia di celebrità giornalistica “ce ne sono diversi in giro a destra, soprattutto tra chi venendo da An soffre ancora della sindrome da “polo escluso” e quindi spara sciocchezze per la gioia dei giornaloni impegnati nella caccia al fesso del giorno che balza agli onori della cronaca … se tutti balbettano e cercano l’applauso della parte avversa la situazione scivola verso il degrado e scelte inaccettabili diventano possibili, perché non contrastate con la forza necessaria. È vero che bisogna conquistare il centro per vincere, ma non bisogna perdere quella vasta destra che finalmente è emersa”.
Quella vasta destra che finalmente è emersa e che Gasparri non ci sta ad immolare sull’altare di una visione del mondo fatta di compromessi e mezze misure, perché per lui la politica vera “è fatta di dedizione, fatica, sacrificio, apprendimento, relazioni umane, viaggi all’alba e a notte fonda, capacità di trovare risposte anche quando sembrerebbero non essercene, dare coraggio e indicare la linea anche quando sembra che non ci sia via d’uscita e la sconfitta sia permanente”. In una parola è fatta di militanza, per convinzione e non per convenienza, quella convenienza che troppe volte riecheggia nelle parole di chi la destra l’ha fatta e poi l’ha rinnegata.
E allora la domanda torna ad essere sempre la stessa, ricorrente fino alla noia e alla retorica: chi siamo e che cosa vogliamo? “Non possiamo certo trascurare la questione dell’identità – dice Gasparri – se ne è discusso molto in An in questi anni. Molti, temendo la perdita di posizione di rendita, frenavano il cammino verso il partito unitario del centrodestra, eccependo presunte crisi di identità. In realtà erano tutte fesserie”. In troppi, secondo Gasparri, hanno ceduto all’idea del partito di plastica. Lui no: “Ci sono turisti dell’identità in libera uscita, che dopo aver esitato di fronte al cammino unitario, buttano dentro il PdL radicalismi e laicismi che poco servono, se non a creare confusione”.
Poi il presidente parla dell’Italia, di unità e centocinquantenari, di Patria con la P maiuscola e di quel protagonismo di cui Gasparri, con la sua Associazione, ha fatto un punto di orgoglio e forza, contro i tentennamenti di alcuni suoi ex compagni di partito: “Da Dante ai giorni nostri, la storia e la cultura italiane sono piene di protagonisti e di contenuti; nella letteratura, nella scienza, nelle arti, anche le più recenti dell’immagine e della multimedialità. Nessuna sudditanza, aperti al mondo ma orgogliosamente italiani. E non dobbiamo farci dare lezione di amor patrio, in vista dei 150 anni di unità dell’Italia, da chi, se avesse vinto sessant’anni fa la sua parte politica comunista, avrebbe fatto tabula rasa della storia e dell’orgoglio nazionale. La Patria non è morta, ha vissuto come tutte le comunità momenti alti, forse non troppi, momenti drammatici, non pochi. Siamo arrivati all’unità dopo altri grandi Stati europei, tra molti problemi”. Vi è, secondo l'ex di An, una grande missione per il PdL e per i suoi giovani: costruire il futuro ma scavando a piene mani nella storia e nella grandezza italiana.
Ma Gasparri mette i giovani in guardia dal rischio più elevato per chi fa politica: essere colpiti dalla sindrome del politicamente corretto. “Cinguettare le cose che piacciono alla sinistra, per avere, se si è in prima fila, il favore dei giornali “giusti” è una forma di provincialismo, mista a un senso di inferiorità che nasce dall’insicurezza e dall’ignoranza. Per molti è impossibile mettersi contro vento. Meglio assecondare il pensiero prevalente, ma il politicamente corretto è il cancro delle idee, la resa alle banalità e ai luoghi comuni. I laudatori rilasciano patenti di presentabilità sociale, ma ovviamente continuano a votare per i loro campioni di sinistra. Il soggetto politicamente corretto come massimo beneficio va incontro al destino di un cagnolino da borsetta, stile chihuahua orrendamente agghindato in modo innaturale ma tale da poterlo mostrare in salotto come un gioiellino da passeggio. Ma guai ad abbaiare”.
Infine, l’affondo su una malintesa quanto pretestuosa concezione di laicità: “Essere il Pdl non vuol dire garantire a ciascuno la possibilità di fare ciò che vuole, con il solo limite di non crear danno ad altri. È ben difficile lasciare al singolo la decisione sul limite alla libertà. Occorrono regole per far vivere insieme la libertà delle persone con il bene comune. Ci sono insomma dei princìpi etici che devono caratterizzare l’azione politica”. Il riferimento allo Stato etico non lascia margini di dubbio. Gasparri ce l’ha con chi ha gridato al pericolo dello Stato etico, come rischio di nuovi totalitarismi. In realtà, secondo il senatore pidiellino, uno Stato senza un’etica non può esistere, così come non può essere vietata un’etica pubblica. Altrimenti la politica si ridurrebbe a mera gestione di affari correnti, aliquote Iva, Pil, Dpef, commi e cavilli sulle quote latte o date e strade. Ma “la politica deve governare le comunità, confrontare e attuare progetti. Deve quindi avere un’etica, altrimenti è amministrazione, nella migliore delle ipotesi, senza valori e prospettiva". E affermare ciò non vuol dire certo - come qualcuno continua a sostenere - contrapporre i cosiddetti laici a oscuri clericali, significa piuttosto restituire ad ognuno il suo ruolo e la sua posizione, laicisti e atei compresi.
Come devono essere dunque i giovani che si candidano a diventare le nuove leve della classe dirigente di questo paese? “Veri. Militanti. Liberi. Scorretti se necessario. Cosi saremo e sarete responsabili, forti di passione, costruttori del futuro. Dobbiamo agire come se il mondo dipendesse da noi, solo così avremo coraggio e responsabilità invece di fatalismo e resa a idee sbagliate”. Quelle idee che troppo spesso sentiamo invece pontificare come il nuovo verbo della destra italiana.
*Da “L’Occidentale” del 2 agosto 2009

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