martedì 14 luglio 2009

HANNO AVUTO DAVVERO PAURA!


Come volevasi dimostrare.
La Commissione nazionale di Garanzia del Partito Democratico ha bocciato il tesseramento di Beppe Grillo. Come anticipavamo nel nostro post precedente, non ci sono stati ad affidare il partito “ad un tizio che arringa le folle a suon di vaffanculo”. E sarebbe stato così, perché se Grillo avesse partecipato al congresso, lo avrebbe vinto.

Tutto come previsto. Il loro è un partito serio e non lo si può far dirigere da un comico! Meglio Franceschini (Veltroni), Bersani (D’Alema) e le comparse come Marino, Adinolfi o la Serracchiani che, se anche a volte fanno un po’ ridere, di mestiere fanno altro.
Sapessero che se mai a Grillo venisse in mente di fondare un partito nuovo, loro rimarrebbero con i voti dei pochi militanti che sono rimasti fedeli nonostante tutto e quei quattro gatti che si richiamavano alla Margherita. Finirebbero con il diventare un partito di minoranza fra la minoranza, perché non esercitano più credibilità ne’ appeal nei confronti della loro base naturale. Se Grillo si mette in pista e fonda il “Partito Progressista Italiano”, o qualunque sia il nome che gli vuole dare, radunerebbe intorno a se’ tutti coloro che, presi dalla disperazione, fino ad oggi hanno votato – turandosi il naso – Di Pietro e la sua IdV. Attirerebbe, insieme a questi, anche molti che non si recano più a votare e svuoterebbe una volta per tutte anche i piccoli salvadanai elettorali dei partiti che vengono definiti “la galassia” dell’estrema sinistra.
Se fossimo nei panni di D’Alema, Veltroni e Rutelli (questi sono i nomi che sembrano contare, e non altri) ci augureremmo che Grillo intenda rispondere alla bocciatura della Commissione di Garanzia erigendosi a vittima di un partito non democratico, vittima del PDmenoElle e che continui come ha fatto sin’ora a lanciare strali dal palco dei suoi prezzolatissimi spettacoli. Se davvero decidesse di fare sul serio, addio eredità di Togliatti e Berlinguer…

lunedì 13 luglio 2009

CHI HA PAURA DEL GRILLO MANNARO?



E’ una boutade, come dice Fassino, o fa sul serio? Certo che Grillo ci mancava proprio… Questa benedetta sinistra, ogni tanto, subisce i colpi dei personaggi dello spettacolo: ci aveva provato una sera in Piazza Navona Nanni Moretti. “Con questi capi la sinistra non vincerà mai!” disse. Disse pure “Non perdiamoci di vista!”, invece, dopo qualche decina di girotondi, l’Ecce Bombo s’è fatto di nebbia. Di nuovo (era un ripescaggio) fu il turno di Prodi che, come comico, era di quelli che mettono un po’ tristezza… E’ durato poco pure lui. Sembrava che Veltroni – altro uomo di spettacolo, visti i congrui finanziamenti erogati ai cinematografari più scadenti d’Italia, da ministro e da sindaco di Roma – potesse davvero incarnare un “nuovo corso”, ma alla prima tornata elettorale si è sciolto come neve al sole. Franceschini è quello che fa meno ridere di tutti: il suo dimenarsi nelle sabbie mobili è un’immagine veramente tragica. Ora, a pochi mesi dal congresso, arriva Grillo e spariglia le carte. I commentatori sorridono… ma a me questa idea non fa sorridere affatto. Hanno un bel da fingere indifferenza i vari D’Alema, Bindi, Soru e compagnia cantante: Grillo fa politica meglio e più di loro! Da quando, nell’oramai lontanissimo 1989, si diede per morta l’ideologia che aveva tenuto in piedi il più grosso partito della sinistra italiana da settant'anni, i politici dell’allora PCI, anziché lanciare il “Rompete le righe!”, si reinventarono un altro partito… ma con la stessa dirigenza: il PDS.
Peccato che questa dirigenza, rinominando il partito in DS, poi Ulivo e, successivamente, PD, non si sia mai sognata di pensare e proporre una seria politica per l’Italia.
Forse – e una volta tanto sono d’accordo con il darla a lui – la colpa è di Berlusconi.
Berlusconi è intervenuto nella scena politica italiana con un blitz che non ha lasciato il tempo a chi la scena la stava già calcando da anni di assimilare questo corpo estraneo. Sicchè, prima ancora che la sinistra potesse reinventarsi una politica che fosse tale, l’esigenza di mantenere il voto dei fedelissimi ha voluto che l’unica proposta spendibile fosse l’antiberlusconismo, e su quello si sono accaniti. La storia dura da 15 anni: cambia il direttore d’orchestra, ma la musica rimane la stessa. Grillo, che non campa di politica ma di spettacolo, ha cominciato dapprima con la satira poi, mano a mano che il successo di pubblico cresceva, ha pensato bene di scherzare un po’ meno e scendere in campo con un piede solo certificando le liste alternative alla sinistra ortodossa che, un po’ ovunque, si sono presentate alle amministrative.
Adesso sembra pronto, con entrambi i piedi, ad effettuare il grande passo. Attenzione, però… Grillo ha davvero delle proposte politiche che, sebbene io non condivida, costituiscono un vero “progetto” e denotano una vera visione.
Ora, com’era naturale attendersi, l’establishment del Partito Democratico è andato completamente fuori di melone! Perché – domandiamoci – i dirigenti del PD non vogliono che Grillo si presenti al congresso candidandosi a guidare questo partito che, nato da poco, è già moribondo? Non lo credono abbastanza capace? Sono le visioni del comico genovese a spaventare i capi democratici? Sono le battaglie per un parlamento pulito? O quelle contro gli inceneritori e le centrali nucleari?
No, nulla di tutto questo: il problema è che il Partito Democratico, avendo da quindici anni rinunciato a fare politica, è esistito solamente per essere il referente di molti potentati economici. Vi sono banche, assicurazioni, cooperative che hanno oramai le dimensioni di una multinazionale farmaceutica… e credete che queste centrali di finanziamento, queste mega-agenzie di collocamento, queste holding politico-economiche possano essere lasciate in mano ad un tizio che arringa le folle a suon di “vaffanculo”?

rodolfo sani

sabato 11 luglio 2009

9 luglio 2009 - SECONDO CONSIGLIO COMUNALE



9 luglio 2009. Siamo al secondo Consiglio comunale. Nonostante l’acquazzone pomeridiano, il caldo e l’afa tipici di questa stagione si fanno sentire. Sarà il clima, sarà il fatto che salire al primo piano del Castello ha scoraggiato qualcuno, ma il pubblico, questa volta, è piuttosto scarso: una decina di persone. Alle 21 e qualche minuto si inizia. Il Segretario comunale si scusa per il lieve ritardo e si parte con l’Inno nazionale. Tutti in piedi.
Si procede subito all’appello e risultano presenti i consiglieri al completo.
Il presidente Ferron parte nominando scrutatori i soliti consiglieri “giovani” Perrone, Casari e Andrea Bergami. Anzi… no. Prima la lettura del verbale della seduta precedente.
Si da lettura del verbale e questo viene approvato all’unanimità.
Ecco, ora il presidete Ferron può nominare gli scrutatori.
L’ordine del giorno è il seguente:
1 Lettura ed approvazione dei verbali delle sedute precedenti;
2 Comunicazioni al Consiglio comunale
3 Costituzione della Commissione elettorale comunale
4 Nomina commissione per l’aggiornamento degli elenchi comunali dei giudici popolari
5 Elezione del Revisore unico dei conti, ai sensi dell’art. 234 del D.Lgs. n. 267/2000 per il triennio 09/07/2009 – 08/07/2012;
6 Documento programmatico “Il contributo del sistema territoriale della Provincia di Ferrara all’attuazione della politica regionale unitaria”. Schema di “Intesa per l’inteegrazione delle politiche territoriali”. – Approvazione;
7 Interpellanze ed interrogazioni.
Il primo punto è già passato e, come detto, approvato unanimemente.
Il secondo punto è inserito “d’ufficio”… il Sindaco non ha nulla da comunicare al Consiglio comunale.
Il terzo ed il quarto punto, prima di venire trattati, prevedono un’accordo fra maggioranza ed opposizione, dato che le commissioni in questione sono, la prima composta dal Sindaco, da due consiglieri di maggioranza ed uno di minoranza e la seconda da due consiglieri: uno di maggioranza ed uno di minoranza. Finalmente, dunque, i consiglieri di Uniti per Poggio sono costretti a parlare con noi. Facile raggiungere l’accordo: il resoconto lo trovate interamente qui, sull’articolo riportato nel sito del Comune.
Il punto cinque è solo da votare. Ora il Revisore dei Conti è “unico”, per cui la scelta della maggioranza vale… e non si può fare altro. Non conoscendo personalmente il valore professionale ed umano della dottoressa Daniela Valpondi, diamo un voto di astensione. Come noi vota UpP. La maggioranza, ovviamente, approva.
Relativamente al sesto argomento, il tema è talmente “corposo” e “generale” che meriterebbe ben più di cinque minuti per l’approfondimento. Il “Responsabile d’area” Rizzioli spiega sommariamente che, in fin dei conti, a Poggio Renatico tutto questo fascicolo interessa solo per la parte concernente la Cispadana e l’area produttiva in divenire in territorio di Coronella. Il passaggio della Cispadana ed il suo trasformarsi in autostrada può portare un aiuto considerevole alla realizzazione di infrastrutture viarie nel territorio comunale. Il sindaco ci tiene ad informare i consiglieri che trattasi della “prima autostrada regionale”. Forse verremmo citati tutti, nome e cognome, sul Guinnes World Record? Non credo… Comunque, non avendo le competenze necessarie e nemmeno il tempo materiale per approfondire la questione, dichiaro, a nome del gruppo, la nostra astensione. Altrettanto fa il capogruppo di UpP Garuti, ma avendo lui una lunga “navigazione amministrativa” alle spalle, motiva il suo voto in maniera molto più articolata, citando dati e notizie.
Il settimo punto, interpellanze ed interrogazioni, non lo troverete nel resoconto sul sito del Comune.
Il gruppo de “il Popolo della Libertà” presenta quattro interrogazioni scritte che prevedono risposta orale in aula. Qui vi dico quali sono state le nostre richieste; alla fine del prossimo Consiglio comunale potrò elencarvi pure le risposte della Giunta.
a) Richiesta a Sindaco e Giunta se non sia il caso di dotare di un sistema di sorveglianza a mezzo di telecamere il “parcheggio delle biciclette” a fianco della Stazione ferroviaria. Troppi, in questi anni, gli episodi di furto o manomissione a scapito dei pendolari poggesi.
b) Richiesta a Sindaco e Giunta se non sia il caso di disporre una deroga ai divieti di sosta per le automobili nelle vie intorno alla piazza per la mattinata del mercoledì (il giorno di mercato).
c) Richiesta a Sindaco e Giunta per sapere se si intenda procedere urgentemente con l’installazione di rallentatori dopo la discesa del cavalcavia di Via Segadizzo e di “disegnare” delle strisce pedonali sulla via XX Settembre, all’altezza del marmista, per permettere a chi abita da quella parte della strada di attraversare per recarsi a Chiesa Vecchia senza rischiare la pelle..
d) Richiesta a Sindaco e Giunta di conoscere il termine certo dei lavori che da troppi mesi precludono la circolazione in Via Verdi.
Dopo la mia lettura delle quattro interrogazioni, passo ad una interpellanza: chiedo al Sindaco di dichiarare di essere incorso in errore, quando la volta precedente ci ha voluto far passare per tre coglioni (mi si scusi per il francesismo) per non aver letto gli atti che lui aveva messo a disposizione. Come scrivevo nel mio post precedente, gli atti che il Sindaco diceva fossero pronti non erano affatto pronti. Li abbiamo avuti a disposizione quattro giorni dopo il Consiglio, il 29 di giugno e, di fatto, in modo incompleto. Sono stati completati due giorni prima di quest’ultimo Consiglio comunale e, letti tutti, non si trova traccia di quelle “penali pari all’investimento fatto” per cui il sindaco ci aveva astiosamente ripreso il 25 giugno. Nel verbale di quella seduta, infatti, non si parla più di “penali” come aveva detto il sindaco, bensì della possibilità di “richiesta di danni all’Amministrazione”… e c’è una bella differenza. In questa interpellanza io dico che il sindaco ci aveva voluto far passare per “inadeguati” al ruolo di Consigliere comunale. Mi sono permesso di scrivere che, data la nostra inesperienza, sarebbe umanamente scusabile un qualche errore sulla procedura. Ma che l’arroganza, anche se umanamente scusabile, non porta mai a buoni rapporti ne’ fra le istituzioni ne’ fra le persone.
Il Sindaco, ancora una volta con il piglio da vecchia zitella inacidita, ha cercato dapprima di tergiversare insistendo sulla sua “buona fede”, che non ci siamo mai sognati di mettere in discussione, poi ha ripreso ad attaccarci per le offese che gli abbiamo rivolto! Quali offese? “Mi hai dato dell’arrogante e <arrogante> è un termine che non si può usare in Consiglio comunale! Eppoi, sul tuo blog, mi hai chiamato vecchia zitella inacidita!… Eppoi, queste sedute sono registrate!”. E allora se le vada ad ascoltare le registrazioni, e mi dica lui se non è vero che si è espresso con toni censurabili nei confronti dei consiglieri comunali!!!
“Signor Sindaco, si attenga, per favore, a quanto Le chiedo nell’interpellanza: è disposto ad ammettere di essere incorso in errore?”… dico, cercando di mantenere la calma e proseguendo a rivolgermi al sindaco con il "Lei" dovuto alla massima Istituzione comunale.
Niente da fare, il sindaco ha già perso l’aplomb e continua a replicare alla sua maniera, cercando addirittura di stopparmi dicendo che non io non ho il diritto di replica alla sua risposta, dimenticando che la differenza fra interrogazione ed interpellanza è, fra le altre, quella della possibilità del consigliere che la presenta di dichiararsi o meno soddisfatto della risposta, avendo – di fatto – l’ultima parola. Dopo la sua insistenza, ha dovuto essere smentito anche dal presidente Luigi Ferron che ha dovuto improvvisarsi “pompiere per un giorno”. Peccato che abbia confuso una normale questione politica con una bagarre personale fra me ed il sindaco e ci ha invitato a risolvere le nostre beghe fuori di lì. Signor presidente, non si trattava di nostre beghe personali, bensì della richiesta al sindaco, da parte di un cittadino eletto da cittadini, di ammettere di essere incorso in errore e di aver sbagliato a dare degli incompetenti a dei consiglieri comunali. Ma… si sa, chi va con lo zoppo, impara a zoppicare.
In coda a tutto, presento pure una mozione, per essere messa all’ordine del giorno la prossima volta, discussa e votata in aula: la riduzione da 6 a 4 degli Assessori comunali e l’eliminazione della figura del Presidente del Consiglio comunale.
Signor Sindaco, sul mio blog, da libero cittadino quale sono, io posso scrivere di tutto e di più, sempre che questo non comporti il denigrare alcuno o invitare qualcuno a comportamenti contrari alla legge! Non ci riesce il Partito Comunista cinese ad oscurare Internet, vuole provarci lei?

Rodolfo Sani

sabato 4 luglio 2009

IL CENTRO NEL MIRINO di Filippo Facci*




Antonio Di Pietro fa sul serio e sarebbe ora che destra e sinistra capissero bene che cosa sta facendo, dove punta, a spese di chi, quanto è pericoloso. Di Pietro non è una variabile eternamente indipendente, i voti non gli crollano addosso solo per cedimento strutturale altrui o per fatalità antipolitiche legate a processi più ampi: non è un soggetto passivo, Di Pietro, è uno che si alza alle cinque del mattino dai tempi in cui mungeva le mucche e che ora sta mungendo altrove. I lettori di questo giornale sono informati più di altri circa le centinaia di cialtronate, incoerenze, familismi e demagogie da strapazzo che il nostro succhia e sparge all'apparenza senza un senso: ma si saranno pur chiesti per quale ragione la somma di ciò alla fine è un otto per cento alle Europee. Di Pietro era sparito per qualche giorno per riassettarsi in attesa delle sue venture trasformazioni settembrine e dopo il successo del 4 giugno, altro dato che tutti avevano previsto da almeno un anno e avevano vissuto come il moto dei pianeti. A dispetto di ogni tentazione, il gossip politico non era roba sua: Di Pietro sa che a larga parte degli elettori a cui punta non importa nulla degli scandali sessuali: non spostano voti. Al suo conservatorismo naturale, al di là delle pagliacciate parlamentari di ieri, importa zero anche di gridare alle «leggi razziali» come stanno facendo le truppe di Micromega: il tema è tra i pochi sul quale Tonino una coerenza l'ha mantenuta, nel 2001 propose che la clandestinità costituisse reato (sino a tre anni di carcere per direttissima) ed era favorevole anche alla schedatura dei rom. Si oppose anche al voto degli immigrati alle primarie dell'Unione. La legge Turco- Napolitano a suo dire era «troppo permissiva», perché il rimpatrio doveva aver luogo entro ventiquattr'ore. Si potrebbe riempire questa pagina citando date e luoghi in cui si espresse chiaramente, a partire da quando scrisse che certe bande di clandestini «meriterebbero non la galera, ma il taglio degli attributi».L'assalto al giudice costituzionale è già molto più funzionale al suo disegno, che è quello di rendere permanente ogni conflitto istituzionale tra magistratura e politica impersonando questo contrasto ed ergendosi a presidio di questa democrazia imperfetta e disinformata, plagiata da Berlusconi, corrotta da tutto ciò che impedisce al corpo elettorale di non continuare a sbagliarsi. Per questo soffia su ogni fuoco e cerca di rendere permanente una crisi che solo un grande gendarme potrebbe riordinare. Ma queste sono masturbazioni mentali, se non c'è la sostanza. Quella, in compenso, è in due ricerche della Ipso e della Ipr marketing, e dice questo: il 30 per cento degli italiani approvò il Di Pietro spaccatutto del luglio 2008 a Piazza Navona, una «prateria immensa» come la definsce il suo intellettuale di riferimento Pino Pisicchio; prima di giugno la popolarità di Di Pietro era al 48 per cento contro un 50 di Berlusconi e un 30 di Veltroni; i flussi di entrata del consenso prima già di giugno riguardavano circa un 50 per cento dei voti smembrati dal Partito democratico, il 20 per cento dalla Lega, quasi il 18 dall'Udc, non più del 14 per cento dalla sinistra antagonista. Secondo la Ipr, solo una percentuale oscillante tra il 5 e il 10 per cento percepisce la collocazione dell'Italia dei Valori come propriamente a sinistra; da un 15 a un 25 per cento invece lo immagina nel centrosinistra, mentre nel centrodestra lo immagina un arco tra il 10 e il 15 per cento; solo un 5 per cento, infine, lo immagina a destra. Non fosse chiaro, Di Pietro punta al centro. L'Italia dei Valori è un partito di centro la cui espansione elettorale nell’area moderata è stata valutata sino al 30 per cento, questo prima che raddoppiasse o quadruplicasse i voti alle Europee; prima cioè di un eventuale effetto trascinamento, prima che un neo conformismo possa farlo diventare, come fu, volano di se stesso. Il centro-sinistra Di Pietro lo sta già divorando a porzioni da camionista, ma punta anche a voi che leggete, amici del Giornale: perché già lo sosteneste. E' stato il centro del Paese che gli ha consentito di fare Mani pulite e che poi si è stancato e l'ha spinto a dimettersi; solo l'eterno «centro moderato» in Italia, permette paradossalmente di fare la rivoluzione. Parola grossa? Lui ne ha già fatta una.

* pubblicato su FaceBook da Filippo Facci

giovedì 2 luglio 2009

ASILO POLITICO di Stefano Cappellini*


Chi pensava che lo scontro congressuale all'interno del Partito democratico fosse partito col piede sbagliato, da ieri deve rivedere il giudizio al ribasso. L'ultima esternazione di Debora Serracchiani, presunta incarnazione del «nuovo che avanza», nonché vicesegretario in pectore del Pd se Dario Franceschini prevarrà su Pier Luigi Bersani, ha spostato definitivamente il dibattito dalla politica all'antropologia. Prima Serracchiani ha spiegato che sosterrà Franceschini perché «più simpatico». Quindi ha aggiunto che la sfida è tra due fronti: «Di qua c'è il progetto del Pd, dall'altra parte c'è D'Alema. Io sto col Pd». Serracchiani non porta argomenti di merito a supporto della bipartizione tra il Pd degli umani (il suo e di “Dario”) e il non Pd degli alieni, letteralmente, rappresentato dal D'Alema totem degli appartchik. È così, per apodittica decisione della fanciulla. D'altra parte, seguirla su questo terreno, anche solo per confutarla, magari ricordandole il corposo curriculum partitico di sostenitori di Franceschini come Franco Marini, Piero Fassino o Beppe Fioroni, sarebbe sbagliato quanto inutile, dato che la ragazza trentottenne si dice convinta che nella vita Dario «fa l'avvocato come me». Potrebbe comunque non essere un male per il dibattito interno, questa moratoria sui contenuti, dal momento che stiamo parlando della stessa Serracchiani che si fa intervistare da Repubblica e non trova altra ragione di sostegno a Franceschini che non sia la simpatia, neanche fossimo in un film di Christian De Sica, simpatici contro antipatici, o il richiamo al «nuovo», e nuovo per fare che non si sa. Della medesima Serracchiani balzata agli onori della cronaca per aver pronunciato un discorso pubblico che demoliva la leadership democratica e che si è poi trasformata nella mascotte congressuale dei due principali esponenti di quella tanto vituperata leadership. Insomma, meglio per tutti non entrare nel merito. Altrimenti, per esempio, si dovrebbe chiedere alla neodeputata europea se oggi sarebbe ancora così caustica sul passaggio di consegne alla presidenza della commissione Sanità del Senato tra il laico Ignazio Marino, che con buona probabilità al congresso si schiererà con gli “alieni” dell'apparato, e la cattolicissima Dorina Bianchi, oggi sua collega di mozione, visto che fu l'appassionata critica a quella sostituzione il passaggio più applaudito del suo intervento. Lasciamo stare pure le sortite lessicali del Serracchiani-pensiero, come quelle in cui ammonisce Bersani che «piattaforma programmatica» è espressione vetusta. «Non si può sentire», dice a nome dei giovani Serracchiani, che certo, essendo peraltro assistita dallo staff di comunicatori già al servizio di Walter Veltroni, rimpiange il coraggio e la chiarezza di quando nel programma ufficiale per le elezioni del Pd veltroniano si proponeva il «social housing» (chi non sapeva trattarsi delle case popolari?) e «il benchmarking sistematico» della spesa corrente. Mettiamola così: Bersani segua il consiglio e passi a parlare di «programmatic hub». Spopolerà durante l'happy hour degli under 25. Lasciamo stare tutto questo e altro ancora. Perché la questione è un po' più seria di Serracchiani. E riguarda sia le regole di convivenza dentro un partito che il modo in cui il principale partito d'opposizione si rivolge agli elettori. Sul primo punto, è chiaro che l'impostazione «di qua il Pd, di là D'Alema», se trasformata in mozione congressuale, disegna uno scenario il cui unico sbocco è la scissione. Se non in senso letterale, di fatto. Perché con questa premessa non si scappa: se vince Bersani, il re degli apparati, il Pd “vero” non può che secedere. E viceversa. Nei partiti c'è un limite che non si può sorpassare, a meno che l'intento dichiarato sia quello di prendere altre strade. Quando durante le ultime primarie americane Samantha Powers, consigliera di politica estera di Barack Obama, dichiarò a un quotidiano «Hillary è un mostro, è una disperata che non si ferma davanti a niente», fu costretta a dimettersi. Funziona così anche nei partiti liquidi, tanto cari al veltronismo. Ma il problema ancora più grave è il messaggio che si trasmette all'elettorato. Quando Serracchiani dice che la sola esistenza di D'Alema nello schieramento a lei avverso legittima il fatto di schierarsi dall'altra parte ripropone in casa propria la più vieta formula dell'antiberlusconismo: l'ammucchiata politica contro la persona. Un contesto in cui la politica sfuma appunto nell'antropologia, declinata di volta in volta secondo la parola d'ordine della «diversità», della «superiorità morale» o dell'«alterità genetica». Tornare a questa impostazione sì che sarebbe un clamoroso ritorno all'indietro per il Pd. Se Serracchiani e i suoi seguaci non vogliono che Franceschini finisca davvero a fare l'avvocato, farebbero bene a rifletterci.

* da "il Riformista" di giovedì 2 luglio 2009

MAZZETTE ROSSE ECCO LA SCOSSA di Maria Giovanna Maglie*

Il re è nudo, e non è quello che sta a Villa Certosa o a Palazzo Grazioli, è quello che dalle terre di Puglia evocava chissà quale scossa malefica che avrebbe rivoltato il governo più stabile che l’Italia abbia conosciuto. Quando si diceva che l’opposizione non si fa così, e si rivendicava la vecchia desueta eppure imprescindibile regola che vuole che di politica si tratti quando di politica è indispensabile trattare, a politica con politica si risponda, e chi ha più filo da tessere lo faccia, oppure taccia almeno il tempo per ritrovare lucidità e raccogliere le idee, forse non avevamo torto. Sono settimane, che fanno mesi, nei quali abbiamo fatto i pompieri, ricordato le esigenze del Paese, la volontà sovrana degli elettori, le emergenze tanto economiche quanto sociali, le cose importanti che ha fatto il governo, dai rifiuti al terremoto, dalla riforma della pubblica amministrazione a quella dell’istruzione. Loro niente, unico percorso l’antiberlusconismo, unica risorsa una presunta doppia morale, amore per la Patria zero, ricordatevi il voto contro i fondi all’Abruzzo. Oggi sono ripagati della moneta che meritano. È la politica bellezza, e se rubi, perdi una verginità già sospetta.Chissà se c’erano veramente le tante escort indirizzate verso residenze private, di proprietà privata, retribuite con denaro di privata proprietà, a sollazzare premier nazionali ed europei! Prove, oltre il gossip e foto scattate probabilmente da una spia, forse taroccate, certamente sospettamente consentite in area che avrebbe dovuto essere superprotetta, nessuno ha avuto l’abilità di tirarne fuori. Chissà a chi andavano le strombazzate strisce di cocaina, che ormai è come la Titina, anzi, come diceva la grande protagonista di Sex and the city, «non ci posso credere che nel 2000 qualcuno usi ancora cocaina a New York». Niente, niente al di là della calunnia che sostituisce la battaglia delle idee, emerge netto dalla cortina fumogena stesa per settimane da alcuni media killer (vedrete che basso profilo seguiranno ora su Bari, vedrete). Certo, nella stessa città capoluogo nella quale un sindaco ex magistrato si è reinsediato a suon di tamburi moralistici, dalla quale una signora sapientemente ma neanche tanto istruita ha sparato accuse da impeachment contro il premier, un’amministrazione di centrosinistra lucrava pubblicamente denaro pubblico. Il presidente della Regione, Nichi Vendola, che chi scrive ritiene per antica consuetudine persona integra, ha azzerato la giunta, rivendicando moralità che la sinistra avrebbe al contrario della destra, ma parlava di tangenti sulla salute, e parlava della solita morale che l’ex Pci agita dai tempi di Tangentopoli, con il supporto di importanti Procure, ma in realtà questa volta parlava perché suocera dalemiana intendesse. Si tratta di una suocera non più giovane ma molto attiva, e non solo ad andar per mare.Troppo facile, lo faranno in tanti e come dar loro torto, evocare la famosa «scossa» che avrebbe stroncato il governo di Silvio Berlusconi, e che Massimo D’Alema, leader maximo di Puglia, aveva recentemente anticipato, mettendo in allerta entusiasta le truppe della sinistra. Certo è che se uno è stato accusato di fare il puttaniere di Silvio Berlusconi, e poi risulta essere intimo amico del vice Presidente della Regione Puglia, Sandro Frisullo, dalemiano convinto, un problema si pone. Certo è che se è già stata sospesa in via cautelativa dalla giunta regionale pugliese il direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino, che, nei giorni scorsi, è stata raggiunta da un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti nella sanità, qualche dubbio sorge. Voglio citare ancora il comunista Vendola: «In Puglia, nonostante gli sforzi giganteschi che sono stati compiuti dalla giunta regionale di centrosinistra il sistema sanitario si conferma permeabile agli interessi delle lobby, delle corporazioni e anche a spinte corruttive. E purtroppo c’è una trasversalità a questi interessi che non intendo nascondere». Lui no, e ci credo. La libera stampa che ci ha affogato di gossip?
da "il Giornale" del 2 luglio 2009

mercoledì 1 luglio 2009

Il nuovo che avanza... per davvero.


Definirlo "Blog gemello" non è adeguato. Sarebbe più consono all'età dei webmasters chiamarlo "blog figlio", ma sarebbe riduttivo per la maestria con cui è stato concepito, creato e curato... Chiamiamolo semplicemente il blog poggese della seconda Generazione del nostro partito. Chiamiamolo come vi pare, sta di fatto che è una realtà interessante e vi invito a seguirlo assiduamente.

http://pdlpoggiorenatico.wordpress.com/ è l'indirizzo del nuovo blog di Azione Giovani.

Il più sincero grazie a Martin ed ai suoi validissimi collaboratori!

rodolfo