lunedì 29 giugno 2009

ORA L'OCCIDENTE MOSTRI SE HA CORAGGIO di Fiamma Nirenstein*

Fra poco, se da Teheran promanerà solo il silenzio e i ragazzi spariranno dai tetti e dalle piazze, sarà colpa nostra. Perché avremo fatto mancare loro la bandiera con la nostra mancanza di coraggio. Il leader di quei giovani non è Moussavi, né chiunque altro dal 12 giugno si sia atteggiato a difensore della loro libertà. Il loro leader, ovvero l’icona libertaria in cui essi si rispecchiano, su cui proiettano i loro desideri, la parte da cui deve venire lo squillo di tromba, siamo noi. È il nostro modo di vivere arioso che li guida, i luoghi di lavoro misti, energici e frenetici, le serate dell’estate cittadina al concerto, i ragazzi e le ragazze che camminano allacciati, le palestre, le donne con le maniche corte e la gonna al ginocchio, l’aperitivo, le letture, i film, la musica. La libertà di andare per la strada preferita, di «leggere Lolita a Teheran». Siamo anche, ai loro occhi carichi di utopia, quelli che sanno far funzionare l’economia, redistribuire la ricchezza, buttar giù inflazione che là è al 30 per cento e la disoccupazione, a più del 20 per cento.Moussavi non è mai stato per la rivolta democratica e liberale. La sua storia di clerico promotore del programma atomico è nota. Semmai Zahra, sua moglie, una voce femminile nel buio di una società in cui la donna non ha volto, ha fatto la differenza. Ma se noi occidentali siamo l’idealtipo della rivoluzione iraniana, siamo anche responsabili del suo andamento: e in queste ore di ripiegamento i ragazzi di Teheran devono essere molto tristi, anzi, disperati e anche stupiti perché siamo un leader in stato di choc, arreso, impaurito. Sanno che Ahmadinejad e Khatami ci vedono già piegati, e sentono piegarsi anch’essi le ginocchia. Li abbatte, quanto la repressione fisica, il G8 della prudenza, perché l’Europa condanna a mezza bocca ma non sanziona, Miliband tuona per i suoi otto impiegati imprigionati ma non richiama l’ambasciatore, Solana ripete di non volere interferire negli affari interni dell’Iran anche se non gli piace la repressione e promette di riprendere i colloqui sul nucleare, mentre Obama alza appena il tono dopo giorni fatali di silenzio; ed è logico dunque che Ahmadinejad stringa gli occhi infuriati e minacci di nuovo gli Usa e l’Europa accusandoli di intromissione mentre Ahmed Khatami dice, galvanizzante suggerimento concettuale, che allo slogan «abbasso l’America» bisogna aggiungere «abbasso l’Inghilterra». Nelle stesse ore, non a caso, Moussavi disdice le manifestazioni, dagli ospedali le Guardie della Rivoluzione trascinano via i feriti verso il carcere e la tortura.Abbiamo saputo fino dalle prime ore di questa rivoluzione quanto era importante l’Occidente per la gente in piazza: non per dare un aiuto materiale consistente, che per decenni i dissidenti hanno aspettato invano. È lo spirito che è mancato fin dai primi momenti, quelli in cui ancora Obama credeva - e si vede che non ha gli esperti giusti - che lo scontro mettesse in piazza la gioventù dorata di Teheran e si trattasse, quanto ai leader, di un breve contrasto interno.La verità è che la rivoluzione è basilare, radicale, e non c’entra con i leader in campo. I leader iraniani, come scrive Amir Taheri, sono spaccati a metà ovunque, ma sempre dentro il regime islamista fino al collo. Oggi hai con l’opposizione Montazeri, Moussavi, Youssef Sanei... e con Khamenei invece trovi, guarda un po’, nello scontro di potere insieme a tanti altri, persino Khatami. Nell’esercito il generale Ali Fazli, capo del Corpo Islamico Rivoluzionario militare più duro, è stato destituito per essersi rifiutato di attaccare la folla; il capo stesso del programma nucleare, Gholam Reza Aghazadek, è all’opposizione. Nell’Alto Consiglio della Difesa Nazionale così come nell’Assemblea degli Esperti, quella che ha il potere di destituire Khamenei, la divisione è casuale e durissima. Ma una cosa è chiara: ambo le parti vogliono conservare il regime. La stella polare è fuori, siamo noi, il leader siamo noi. Ma non abbiamo un messaggio, non crediamo in noi stessi, ed è il nostro silenzio che li perderà. Reagan alla Porta di Brandeburgo gridò a Gorbaciov: «Butta giù questo muro». Gorbaciov dovette ascoltarlo.
* da "il Giornale" del 29 giugno 2009

sabato 27 giugno 2009

Ora ci attendiamo un esultante proclama di vittoria da parte di Franceschini


Da il Corriere della Sera on-line, alla pagina dei sondaggi, leggiamo questo quesito rivolto ai lettori:

Adriatico contro Tirreno: per le vacanze preferite la riva destra o la riva sinistra dell’Italia?

Scelgono il Tirreno il 61% dei lettori, contro il 36% che si è espresso per l'Adriatico.

Finalmente la tanto attesa grande vittoria della sinistra!!!

venerdì 26 giugno 2009

Piccola appendice al Consiglio comunale del 25 giugno


Ieri sera il sindaco, con toni acidi da vecchia zitella, ha replicato al mio intervento dicendomi che avrei dovuto sapere dagli atti che avevo che i progetti della piscina e del parco urbano sono già al "punto di non ritorno". Quando io ho obiettato che gli atti che avevo richiesto non mi erano stati consegnati, mi ha risposto che era stupido che io dessi la colpa agli impiegati del comune: gli atti erano pronti da un pezzo ed io non ero andati a ritirarli! Io gli ho risposto che non intendevo dare la colpa ad alcuno, semplicemente non avevo gli atti.
Parlandone con Cavallo, successivamente, mi chiedevo: "E' possibile che quando, da semplice cittadino, chiedevo di visionare dei documenti mi rispondesse sulla e-mail personale il dirigente interessato nel giro di 24 ore e adesso, da consigliere comunale, debba essere io a recarmi negli uffici per chiedere a che punto sia la mia richiesta?".
Data la mia poca pratica di questioni inerenti il Consiglio, ho fatto buon viso a cattivo gioco e ho abbozzato... Forse - ho pensato - ho sbagliato ad attendere che mi fossero recapitati gli atti. Avrei dovuto passare tutte le mattine in comune, per verificare se fossero stati preparati.
Questa mattina, quindi, Cavallo è corso subito negli uffici comunali a richiedere gli atti che il sindaco ci aveva detto essere pronti da giorni.
Sorpresa: non era pronta una beata mazza!
Complimenti al sindaco. Se si aspetta che io lasci passare sotto silenzio la sfuriata che ci siamo subiti ieri sera, si sbaglia di grosso: qualunque sia l'ordine del giorno della prossima seduta, il mio primo intervento sarà in replica al suo di ieri sera.
E poi "auspica l'abbassarsi dei toni"? Ma mi faccia il piacere!
rodolfo sani

giovedì 25 giugno 2009

Primo consiglio comunale*


*Con il post di questa sera inauguriamo i resoconti (più o meno detagliati) dei consigli comunali. In attesa che la maggioranza si convinca del fatto che i "Consigli comunali in streaming" proposti da Azione giovani e recepiti dal programma elettorale della lista Sani sindaco sono un occasione di trasparenza e di diffusione della cultura politica fra i giovani.

Era stato convocato per questa sera il primo Consiglio comunale dell'Amministrazione "Pavani II". All'ordine del giorno erano elencati i punti seguenti:
1) Convalida degli eletti alla carica di sindaco e consigliere comunale
2) Giuramento del sindaco
3) Comunicazione al Consiglio, da parte del sindaco, della composizione della Giunta comunale. Individuazione dei capigruppo consiliari. Discussione ed approvazione della proposta di indirizzi generali di governo.
4) Elezione del presidente e del vicepresidente del consiglio.
Vediamo come si è svolto il dibattito.
Punto 1:
Il Segretario comunale provvede senza meno... Appello. Atto squisitamente burocratico.

Punto 2:
Atto formalmente importante, ma che passa con una formula laconicissima del tipo "Giuro fedeltà alla Costituzione", o qualcosa di simile... Unica nota di colore, il sindaco si è alzato ed ha indossato per quindici secondi la fascia tricolore. Ah... ci siamo dimenticati l'Inno nazionale. Tutti in piedi per ascoltarne sull'attenti la versione in sola musica. Alla fine dell'Inno di Mameli una parte del pubblico (immaginate voi quale) applaude: forse si aspetta la rivincita Italia-Brasile.

Punto 3:
Il sindaco ci comunica che il vicesindaco è Marco Bergami, segretario del PD locale... E ci mancherebbe: si fosse azzardato ad una scelta differente sarebbe saltato il banco! Poi elenca gli assessori. Alcune riconferme... come la Dott.ssa Pareschi, l'Avvocatessa Garuti (con una delega "ai Gemellaggi" nuova nuova) ed il Signor Ravolini. L'ex vicesindaco Sig. Petrucci è assessore alla sanità ecc... Unica novità, Marco Poppi che sostituisce l'altro coronellese, Alberto Guerzoni, che è evaporato al primo sole d'estate. E' fuori dalla Giunta anche l'ex assessore all'agricoltura Luigi Ferron cui, comunque, viene riservata una carica di "ben maggiore importanza" (parole del sindaco): presidente del Consiglio comunale. In pratica è stato designato, ma regolamento vorrebbe che fosse eletto, per cui si è reso necessario il punto 4 di cui parleremo dopo. Ora bisogna individuare i capigruppo consiliari. Si rivolge a me... ed io confermo: "Sani!" Intendendo che l'accordo che avevamo unanimemente raggiunto fra noi PDL era quello di dare la carica di capogruppo al candidato sindaco. Ci è sembrata la cosa più ovvia... invece Uniti per Poggio designa Garuti. Un gruppo di due persone in cui il capogruppo NON è colui che si era candidato a sindaco, vabbè... per noi questo è un ulteriore riprova di chi ha sempre portato le braghe in quella Casa politica. Per elencare gli indirizzi generali di governo da proporre al voto dell'Assemblea, il sindaco riesuma il libriccino in stile Berlusconi (con copertina stile Obama) che ebbe cura di distribuire a quasi tutte le famiglie poggesi. Legge i punti in questione dal suo programma elettorale. Appena finito di elencare quei punti - più altri mutuati dai programmi concorrenti e altri ancora comparsi dal nulla - Pavani auspica che si abbandonino i toni di quest'ultima campagna elettorale che ha portato il livello del dibattito ad una bassezza mai vista a Poggio Renatico. Forse si riferiva a noi... forse no... boh...? Se non che, prima di procedere con il voto io leggo (ho deciso di leggere in Consiglio comunale anzichè parlare a braccio, per poter far verbalizzare l'intervento scritto...) l'intervento a nome del gruppo. Per darvi misura del tono incivile utilizzato, ve lo posto di seguito per intero.

Signor Sindaco, signori Consiglieri.
Intervengo quale capogruppo designato per il PDL, gruppo del quale fanno parte, oltre a me, il Sig. Francesco Cavallo ed il Sig. Andrea Bergami. Quest’ultimo fra i più giovani consiglieri comunali di tutta Italia, avendo compiuto diciotto anni da poco più di sei mesi. Il voto espresso dai nostri concittadini ha voluto che il Popolo della Libertà, il Partito degli italiani fosse rappresentato anche in questo consiglio comunale. E’ la prima volta – infatti – che questo consiglio vede la presenza di un gruppo che si richiama ufficialmente al centrodestra. I poggesi hanno, finalmente, posto termine all’anomalia che vedeva solamente i partiti di sinistra nel diritto di potersi presentare all’elettorato con il loro nome, senza doversi nascondere dietro più o meno fasulle “liste civiche”. La nostra presenza in questa istituzione è un segnale che, dopo quindici anni di confusione, di mistificazioni, di equivoci, la Politica – quella con la P maiuscola – sta ritornando ad essere sentita dai cittadini, sta ritornando ad essere percepita come importante: è un segnale che i partiti sono di nuovo visti, come definito dalla nostra Costituzione, quale il miglior veicolo per l’esprimersi di una democrazia compiuta. Il voto espresso dai cittadini ha voluto che Lei, signor Sindaco, proseguisse il Suo lavoro di guida, di governo, di questa comunità ma ha, allo stesso tempo, decretato vi fosse un’opposizione forte, netta e schietta. Così sarà la nostra opposizione: forte, netta e schietta. La invito sin da oggi quindi, Signor Sindaco, a non considerare come attacchi personali tutte le critiche e le osservazioni che, da qui a cinque anni, noi Le rivolgeremo. Titolati dal voto, noi vigileremo affinchè il Suo operato, quello della giunta e di questo stesso consiglio comunale siano sempre indirizzati al bene di tutta la Cittadinanza e non solo ad una parte di Essa. Ma, svolgendo le nostre funzioni di rappresentanza, di controllo e di informazione, non rinunceremo a tentare di dar opera a quelle soluzioni che ritenevamo e riteniamo importanti per il futuro di Poggio Renatico. Su questo punto confidiamo, oltre che sul Suo personale equilibrio, nell’intelligenza e nel buonsenso della maggioranza consiliare, affinchè l’interesse comune sia privilegiato sempre e comunque a quello di parte. In quest’ottica, mirando al slo interesse della collettività (e per evitare si debba arrivare a vendere altri beni pubblici), sarebbe più che opportuno soprassedere alla realizzazione della piscina, così come attualmente progettata. Le risorse si potrebbero dirottare allo sviluppo, nella stessa area, di un centro servizi (poliambulatorio) in cui, eventualmente, comprendere una piscina per l’utilizzo terapeutico quale la riabilitazione motoria. A proposito dell’area in questione, adiacente al “Polo scolastico”, e sempre tenendo presente la scarsezza futura di risorse finanziarie, ci attenderemmo che Lei, signor sindaco, e questa maggioranza, voleste rivedere la realizzazione del “Parco urbano”. Le risorse messe a disposizione da SNAM, utilizzabili per interveti atti alla riqualificazione ambientale del territorio comunale, si potrebbero indirizzare all’acquisizione dell’ex campo munizioni, o di parte di esso, per la realizzazione di un VERO parco che consenta ai cittadini – non solo di Poggio Renatico – la fruizione di un’immensa area verde per un reale contatto con la natura. Ci rendiamo, sin d’ora, disponibili ad adoperarci per i contatti fra questa amministrazione ed il Ministero della Difesa, per sollecitare una decisione in tal senso. Ancora per i motivi di cassa appena riferiti, pur comprendendo l’oggettiva esigenza di dover accontentare molte personalità, ci saremmo aspettati da Lei, Signor Sindaco, la riduzione da sei a quattro dei componenti la Giunta (in linea con quanto stanno facendo altri sindaci dell’alto ferrarese) e l’eliminazione della figura del Presidente del Consiglio comunale che, sino al Suo primo mandato, era un ruolo ricoperto dal sindaco stesso. E’ comunque nostro intendimento depositare in un prossimo futuro formale richiesta a questo Consiglio comunale di votare questa modifica. Il risparmio che ne deriverebbe potrebbe permettere di sviluppare il progetto di “consiglio comunale in streaming” proposto dal gruppo di Azione Giovani, presieduto dal nostro consigliere Andrea Bergami, durante la recente campagna elettorale. Questo sistema permetterebbe a tutti di “presenziare” dalla propria abitazione alle sedute del Consiglio comunale, con il risultato reale di rendere davvero più partecipi i nostri concittadini alle azioni politiche e amministrative del nostro Comune e coadiuverebbe i consiglieri comunali, unici ad essere titolati dal voto a rappresentare i cittadini, nel contatto con la nostra gente. In conclusione, rivolgiamo a tutti un augurio. L’augurio è che Lei, Signor Sindaco, legittimato da un consenso più ampio di quello ottenuto per il suo precedente mandato, sappia agire con maggiore autonomia per individuare le soluzioni più consone alle reali esigenze dei cittadini e il percorso migliore per salvaguardare e sviluppare il benessere della nostra Comunità, in modo che i prossimi cinque anni non siano altri cinque anni di occasioni perdute.

Dopo il mio intervento, parla Garuti per Uniti per Poggio che conferma l'opposizione al programma del sindaco e auspica che in Consiglio comunale, "vista la presenza dei partiti, non si finisca con il parlare di questioni che con Poggio non c'entrano niente". Forse Garuti crede che io, Cavallo e Jimmy (Andrea Bergami) siamo andati in Consiglio comunale a discutere delle risoluzioni ONU a favore delle popolazioni dello Yemen? Evidentemente quindici anni di pratica della politica locale ancora non gli sono bastati per convincerlo che non siamo dei quaqquaraqquà. Prendiamo atto.
E' il turno del capogruppo di maggioranza (non ha detto come si chiama il gruppo: se PD, se Centrosinistra per Poggio o Pavani sindaco). Il Signor Ingargiola, con i suoi toni pacati, conferma l'impressione che ho avuto di lui di persona moderata e civile - spero vivamente di non dovermi ricredere nell'immediato - e fa il suo intervento a sostegno entusiasta della Giunta e del programma di governo... come da copione.
Poi replica il sindaco. Come ci ha oramai abituati da qualche tempo a questa parte, ha perduto tutta la moderazione... e la sua personalità viene fuori ad ogni sua parola. Anzichè far procedere al voto, si toglie un paio di sassolini dalle scarpe, rispondendo acidissimo al mio intervento e a quello di Garuti e ringraziando Ingargiola per i quintali di incenso riservatigli. Nessuna risposta in merito alla riduzione della giunta e alla realizzazione del Consiglio comunale in streaming.
Si vota: 11 favorevoli (maggioranza) e 5 contrari (PDL e UpP).

Punto 4:
Antefatto: fui contattato qualche giorno fa da quello che si accingeva, di lì a poco, a diventare vicesindaco. Marco Bergami mi disse che intendevano dare la presidenza del consiglio a Ferron e la vicepresidenza al maggior gruppo di opposizione. La mia risposta fu: "Se intendete davvero mettere il presidente come garante, all'opposizione dovreste riservare quella carica, non quella di vice!". Lui mi disse che io sapevo bene che non si poteva... Lo sapevo, lo sapevo... per cui gli anticipai che non intendevo candidare nessuno dei nostri alla carica di vicepresidente. Evidentemente Marco Bergami ha poi fatto una seconda telefonata e si è accordato con Uniti per Poggio sul nome di Brunello come vicepresidente. Invitato dal sindaco a dire la mia, ma percisando "NON PER UNA REPLICA!" a quanto lui detto in precedenza, io dico che, siccome ritenevamo superflua la figura del presidente, avremmo votato scheda bianca in entrambe le votazioni. Senza nulla da eccepire sulle qualità personali di Ferron e Brunello, ovviamente.
Per prima la votazione sul vicepresidente. Il risultato:
4 schede bianche (le nostre tre più quella di Brunello che, elegantemente, non si è autovotato), 1 per Ferron (qualcuno della maggioranza che non aveva capito che quella non era l'elezione del presidente) e 11 per Brunello.
Quindi Brunello è Vicepresidente del Consiglio comunale. Applauso unanime.
Poi la votazione oer il presidente:
3 schede bianche (le nostre) 13 Ferron (maggioranza, con Ferron che si è autovotato, più UpP).
Ferron presidente - applaudito unanimemente - prende la parola per dichiarare chiusa la seduta.
E' tutto, per il momento.
rodolfo sani



venerdì 19 giugno 2009

Coscienza sinistra...


Gennaio 1979.

A scuola, intento più che altro ad amoreggiare con la mia vicina di banco, osservavo i militanti della FGCI (Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani) salutare con esultanza la rivoluzione "khomeinista" che metteva, in quei giorni, fine al regno dello Scià di Persia Reza Palahvi. Avevano confuso una teocrazia con il socialismo?... O forse, in cuor loro, preferivano un regime fatto di costrizioni, di verità preconfezionate, di miseria, ad un sistema "capitalista" all'occidentale.

Poi la storia fece il suo corso ed ora è chiaro al mondo cosa significhi vivere oggi in IRAN.

Gli allora ragazzi della FGCI sono cresciuti, ma non mi sembra che qualche voce delle loro si sia levata a dire: "Ci siamo sbagliati!"

Rimango in fiduciosa attesa... il tempo - dicono - è galanutomo.

rodolfo sani

venerdì 12 giugno 2009

Ringraziamenti e considerazioni varie.


Vorrei rivolgere un ringraziamento a chi, insieme a me, ha deciso di metterci la faccia ed ha accettato di far parte della lista in appoggio alla mia candidatura lavorando sodo – ognuno secondo le proprie disponibilità di tempo – all’organizzazione della campagna elettorale.
Uno a coloro che, in cambio di meno di niente, senza nemmeno aver l’onore della candidatura, si sono spesi e ci sono stati vicini.
Uno ai familiari dei candidati e dei militanti che, per quaranta giorni hanno vissuto senza marito, senza moglie, senza figli, senza genitori… insomma sono stati privati – temporaneamente – della presenza delle persone di cui sopra…. e, insieme a costoro, ai miei figli e a mia moglie.
L’esito del nostro comune sforzo non è stato quello che speravamo, ma non si creda e, soprattutto, non si dica che non volevamo vincere.
Volevamo – e sino alla fine ci abbiamo creduto – vincere perché sapevamo davvero di poter dare qualcosa “di più” alla nostra gente.
Da oggi, come ho sempre fatto dal 1995, da quando intorno a me è cresciuto, anno per anno, un bel gruppo di amici, ritorno a parlare esprimendomi con il “noi”. Ovviamente non si tratta di pluralis maiestatis, bensì della consapevolezza che i concetti e le idee che esprimo li esprimo per dare voce a quasi ottanta militanti.
La campagna elettorale è conclusa. L’esito espresso dai Cittadini di Poggio Renatico è chiaro come non mai: Paolo Pavani deve rimanere sindaco per portare a compimento quanto lasciato in sospeso. Il completamento dell’Asilo nido e del Polo scolastico, la “palestra in acqua”, la revisione delle graduatorie d’accesso ai servizi ed agli alloggi popolari e l’abbattimento delle barriere architettoniche sono le priorità. Dai banchi dell’opposizione sproneremo la giunta e la maggioranza affinchè non vengano tradite le aspettative della gente di Poggio e delle Frazioni. Ma non ci limiteremo ad un’opposizione “di comodo”, fatta di astensioni e voti contrari: cercheremo, piuttosto, di convincere i rappresentanti dei Cittadini – e non c’è “consulta di frazione” che tenga, di questo titolo di rappresentanza possono fregiarsi solo i consiglieri comunali democraticamente eletti – dell’importanza che i nostri progetti avevano, hanno ed avranno per il futuro dell’intero comune. Stiamo già organizzando dei “settori di competenza”, al nostro interno, che elaborino ed approfondiscano le proposte che, nei prossimi cinque anni, il nostro gruppo consigliare presenterà.
Molti ci stanno chiedendo il nostro parere sull’esito elettorale, le ragioni della sconfitta della nostra proposta… Non nascondiamoci dietro un dito: non siamo stati sufficientemente convincenti. Punto.
Abbiamo dedicato alla campagna elettorale tempo e risorse sottraendole alle nostre famiglie ed alle nostre attività; abbiamo dato tutto quello che potevamo dare in termini di organizzazione e di energia. Abbiamo, molto probabilmente, pagato la nostra inesperienza in materia di propaganda, la minore disponibilità economica e, forse, anche qualche errore di comunicazione e di sottovalutazione dell’avversario.
Il voto.
L’astensione – che credevamo dovesse colpire a sinistra – ha senz’altro sortito maggiori effetti sugli schieramenti moderati: ben 1.294 sono stati gli elettori che non si sono recati a votare. Tolti un centinaio di residenti all’estero, rimangono oltre mille persone che non abbiamo saputo “interessare” alla politica per il nostro comune.
Le schede bianche e quelle annullate sono quasi 300 e anche questo è un dato significativo…
Da coloro che, al contrario, hanno espresso correttamente il proprio voto, trarremmo le indicazioni che seguono.
Il candidato Bonora (Sinistra per Poggio) ha intercettato per intero il suo “elettorato di riferimento”. I suoi 330 voti, infatti, sono gli stessi espressi alle europee per le liste riconducibili all’arcipelago della sinistra antagonista, da Rifondazione ai Verdi, da Sinistra e Libertà al Partito comunista dei lavoratori.
I candidati Brunello (Uniti per Poggio) e Sani (PDL + Lega nord) si sono spartiti in parti quasi esattamente uguali l’elettorato del PDL, della Lega e dei gruppuscoli dell’estrema destra.
Il sindaco uscente Pavani (Centrosinistra per Poggio) ha preso tutti i suoi voti, più quelli dell’area centrista riconducibile all’UDC di Casini.
La presenza di Franceschini (ex DC) alla guida del PD ha avuto l’effetto di ricondurre all’ovile le pecorelle smarrite…? E’ possibile.
Non crediamo a coloro che dicono che gli elettori hanno voluto punire UpP ed il PDL per essersi presentati divisi… Il fatto che, anche insieme, il totale dei consensi ricevuti da queste due liste non raggiunga il 43% risponde a quanti, nel Movimento civico, sostenevano di riuscire a “catturare” anche voti a sinistra “solo se separati dai partiti del centrodestra”. Hanno proceduto negando ogni possibilità di accordo con il PDL e il voto ha dato loro torto.
Concludendo, possiamo ben dire che pur presentando entrambi gli schieramenti moderati due candidati – a loro modo, caratterialmente, complementari – onesti e trasparenti, brillanti e appassionati, con alle spalle una vita specchiata fatta di famiglia e lavoro, questo non ha convinto.
Sbagliati i candidati? Forse.
Sbagliata la campagna elettorale? Forse.
Sbagliato il progetto? È possibile pure questo.
La morale, comunque, è che aver perduto le elezioni deve unirci e non disperderci. Se davvero siamo convinti delle nostre idee e se davvero siamo ancorati ai nostri valori, questa batosta non dev’essere sufficiente a farci sentire sconfitti. Cerchiamo di essere, se possibile, ancora più onesti, più credibili, più propositivi e se diciamo “basta ai personalismi” non lasciamo spazio a chi ancora ha le scarpe piene di sassolini da togliersi… E’ tempo di lavorare seriamente per la nostra Comunità.
L’auspicio è quello che, fra cinque anni, il lavoro comune dai banchi della minoranza abbia creato un gruppo affiatato, disinteressato e politicamente forte a sufficienza da essere preferito all’apparato che da oltre sessant’anni esercita il potere nel nostro comune.
Lo dobbiamo a chi verrà dopo di noi, prima ancora che a noi stessi.
Rodolfo Sani

"IMPRENDITORI, DATE LO STIPENDIO LORDO AI LAVORATORI!" di Alberto Mingardi (da "il Riformista" del 7 giugno 2009)

Pubblichiamo anche sul nostro blog questo interessante articolo. Si trata di una critica molto precisa alla nostra dirigenza politica, ma è uno spunto di riflessione che non dobbiamo lasciare cadere.
Buona lettura.
(PdL Poggio Renatico)
Nel 2000, i radicali cercarono di presentare una ridda di referendum "liberisti" che, saltando l'intermediazione della classe politica, miravano a liberalizzare alcuni aspetti della vita economica italiana. Non ebbero fortuna, per due motivi. In primo luogo, la Corte costituzionale bocciò quattordici dei ventuno quesiti. Ai sette rimasti, venne poi a mancare qualsiasi sostegno dalla parte ad essi più affine, il raggruppamento guidato da Berlusconi, cui era più utile avere "problemi" ai quali promettere d'interessarsi, una volta tornato al potere, che "soluzioni" il cui merito politico sarebbe stato d'altri. Come è andata a finire lo sappiamo: il quinquennio berlusconiano non diede fiato alla domanda di libertà economica del Paese (eccezion fatta per la legge Biagi). E forse contribuì a smorzare l'entusiasmo dei ceti produttivi, che ne avevano decretato la vittoria non per affidarsi a san Gennaro: ma per semplificarsi, almeno un poco, la vita.Fra i referendum bocciati dalla Consulta, uno era quello sul sostituto d'imposta. Abolire le trattenute alla fonte, facendo sì che il datore di lavoro versi fino all'ultimo centesimo lo stipendio ai suoi impiegati, sarebbe una riforma semplicissima con implicazioni rivoluzionarie. Perché? Il sostituto d'imposta serve a consolidare tutta una serie di "illusioni politiche".Anzitutto, ed è precisamente il motivo per cui il sostituto d'imposta c'è, fa sì che i lavoratori non siano ben consapevoli di quante tasse pagano. Il "costo" che essi rappresentano per l'azienda è in buona sostanza doppio rispetto al salario che percepiscono. Quest'illusione mantiene in vita qualche residuo di lotta di classe. Il lavoratore, se ben imboccato da qualche leader dal populismo facile, arriva persino a pensare che il sistema fiscale sia concepito a vantaggio del "padrone": il quale può evadere o fare assegnamento su un buon commercialista.Siccome non ha contezza di quale sarebbe il suo reddito prima delle tasse, l'impiegato tende a non capire che c'è un prima e c'è un dopo. Cioè che, se lo Stato fosse meno famelico, avrebbe più quattrini a disposizione per sé e la sua famiglia.Non è un caso se, quando negli anni scorsi si parlava ancora di tagliare le tasse, quella fosse una battaglia che veniva ricondotta al famoso "popolo delle partita Iva". Quindi lavoratori autonomi, piccole e medie imprese, identificate come un mondo distinto e distante da quello invece della grande industria. Sull'abbattimento della pressione fiscale sulle persone fisiche, da sempre freddina. Lasciando spazio a un'altra illusione: che cioé le imprese "paghino tasse" di per sé, non in quanto avventure di uomini, individui, che sono i soli a versare parte del proprio reddito allo Stato. Anziché ricordare che ogni centesimo sottratto alle aziende è un centesimo sottratto alle persone che vi lavorano e alle persone che ne sono azionisti, la grande industria (dopo la parentesi di Antonio D'Amato in Confindustria) ha cercato di spuntare meno tributi per sé ma non per gli altri. Il risultato del puzzle è l'Italia in cui abbiamo vissuto negli ultimi quindici anni. Un Paese dove si pagano troppe tasse, e lo sanno anche i sassi. Però continuiamo a pagarle, perché la discussione politica vede il fronte dei contribuenti sempre diviso, e quindi incapace di articolare una domanda politica coerente. Di dire un "meno tasse" chiaro e ben scandito, che non sia solo un pretestuoso slogan elettorale prontamente abbandonato a urne aperte.Il quindicennio berlusconiano, in cui quello slogan, fondamentale all'affermazione iniziale del Cavaliere, è stato rapidamente disatteso, ha visto l'eclissi del contribuente. Da soggetto nuovo, sbalzato al centro della scena da Tangentopoli, a dettaglio in un quadro di crisi e progressivo peggioramento della finanza pubblica. Siamo tornati alla Prima Repubblica: le nostre istanze di pagatori di tasse, non valgono più nulla.Per questo dobbiamo ringraziare Giorgio Fidenato, un coraggioso imprenditore agricolo friulano ("Un agricoltore contro lo Stato", per citare il titolo di un suo libello), che da inizio anno si rifiuta di fare l'esattore per conto dello Stato, e versa ai suoi dipendenti lo stipendio lordo, senza ritenute. Paghino loro, ciascuno calcolando da sé quanto gli viene sottratto, tasse e contributi."Scaricare queste incombenze sul lavoratore", come ha scritto qualcuno, farebbe lievitare i costi per lo Stato - ma non è un argomento. Lo Stato ci costringe a pagare le tasse: per farlo, dovrebbe al limite facilitarci lui, non viceversa. La battaglia di Fidenato è di buon senso e di equità fiscale. Soprattutto in un periodo di crisi, nel quale il potere d'acquisto dei salari va a rattrappirsi, il lavoratore ha almeno un diritto: quello di sapere di chi è la colpa. Non dell'arcigno datore di lavoro: ma del suo socio-ombra, lo Stato, che metodicamente si mangia metà di ciò che ai singoli lavoratori per diritto e impegno spetterebbe.Gli imprenditori hanno un modo per seguire Fidenato. Imitarne la disobbedienza civile, assolutamente trasparente, alla maniera di Thoreaux e Gandhi. Noialtri possiamo almeno iscriverci al gruppo di suoi fan su Facebook. Facciamolo oggi, all'acme di quell'orgia di buone intenzioni e finti scandali che è stata la campagna elettorale. Difendiamo il diritto a un contadino buon senso.

venerdì 5 giugno 2009

"Maiàl, qui c'è tutto Poggio Renatico!"... Veramente un'altra metà era sul binario opposto!

Grazie al piglio molto professionale del giovanissimo Michele Masina, improvvisatosi giornalista, reporter e cameramen (più serio e attendibile di quelli della Rai3), qui potrete trovare il resoconto filmato della micro-visita di Franceschini a Poggio Renatico. Potrete vedere la cordialità con la quale ha completamente ignorato il sindaco Pavani e la civilissima protesta dei ragazzi di Azione Giovani.
Nonostante i fatti, c'è chi in giro racconta di:
- Lunga visita di Franceschini a Poggio nella sede del comitato elettorale di Pavani
- Estrema cordialità fra i due e parole di sostegno del segreDario al sindaco
- Incivile gazzarra dei giovani di estrema destra
Siamo nel terzo millennio ma, i comunisti, bugiardi erano... e bugiardi rimangono.

giovedì 4 giugno 2009

Franceschini a Poggio


Un po' come faceva il Duce che, quando passava con il treno muoveva le "folle" nei piccoli paesi attraversati dalla ferrovia che correvano in stazione a salutarlo con il saluto romano, il nostro buon Dario - in transito da Bologna a Ferrara - è rimasto in carrozza deludendo i democratici accorsi ad acclamarlo. Il sindaco Pavani è salito sul treno per un breve saluto e quanto basta per cercare di distrarre il segreDario da quanto accadeva sul binario opposto: i ragazzi di Azione Giovani attendevano con volantini e cartelli. Le malelingue dicono che Franceschini non intenda farsi vedere in compagnia di candidati in bilico... Infatti, nonostante a Poggio abbia ancora zii e cugini, Franceschini ha fatto campagna elettorale in giro per Ferrara e per Sant'Agostino, ma si è ben guardato dal fermarsi da noi. Abbia fiutato una brutta aria per i suoi seguaci?