martedì 31 marzo 2009

PROVINCIA: IL PROBLEMA NON E’ NEL VOLTO


La Signora Zappaterra ha tappezzato l’intera provincia di Ferrara con i suoi bei manifesti dai quali, con il sorriso ritoccato a Photoshop, ci lancia l’invito “Cambiamo volto alla nostra provincia!”. Certo che, se si trattasse solo di trovare un presidente un po’ più carino di Dall’Acqua, non avremmo avuto bisogno di scomodare cotanta bellezza: sarebbe bastato meno. Il fatto è, però, che i ferraresi non vogliono cambiare il volto, BENSI’ LA TESTA della provincia di Ferrara. E se si parla di “testa” – in senso politico, ovviamente – Dall’Acqua e Zappaterra sono la stessa cosa.

giovedì 26 marzo 2009

VINCERE PER GOVERNARE BENE di Luca Cimarelli*


Venerdì prossimo, grazie all’iniziativa di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, prenderà vita il Popolo della Libertà, i cui soci fondatori saranno non solo Forza Italia e An, ma una decina di altre formazioni politiche, tutte egualmente importanti. Si tratta di una straordinaria operazione di sintesi politica, il cui scopo dichiarato è di portare a compimento la lunga transizione dalla prima alla seconda Repubblica facendo nascere quel “partito degli italiani” capace di dare rappresentanza compiuta alla maggioranza moderata e di centrodestra nata nel 1994 e che si è affermata senza equivoci alle elezioni politiche del 2008. Gli elettori hanno dimostrato di volere una drastica semplificazione degli schieramenti politici e, soprattutto, una più alta capacità di decisione politica, cioè di governabilità. Lo stesso hanno fatto votando per le regionali della Sicilia, dell’Abruzzo e della Sardegna.
Ecco perché l’obiettivo del PdL, a Ferrara come a Roma, non può limitarsi al “vincere pur di vincere” mettendo insieme - come nel passato – coalizioni tanto vaste quanto inconcludenti. Al contrario, il PdL nasce per offrire agli elettori, insieme ad un chiaro programma di governo, anche una maggioranza coesa e determinata a realizzarlo. Insomma, il PdL non si pone solo l’obiettivo di sconfiggere gli avversari ma quello molto più importante e qualificante di governare bene e senza bastoni tra le ruote. Proprio come sta avvenendo a livello nazionale. Questo ci chiedono gli elettori e questa è la nostra volontà, il nostro più alto e nobile scopo, che ci differenzia nettamente rispetto alle altre improbabili ed eterogenee aggregazioni, nate in questi giorni ma destinate a dissolversi già dal giorno successivo alle elezioni perché nulla le unisce se non la necessità di sommare un po’ di voti tra loro.
Per questa ragione mi dispiace molto che alcuni amici di valore di An e di Fi non abbiano compreso che questo non è il momento per alimentare scelte solitarie e personalismi, ma quello dell’unità e del lavoro di squadra, dove il candidato è sì importante, ma soltanto come portavoce di un grande progetto di cambiamento, credibile e duraturo, per costruire finalmente quella classe dirigente del futuro che Ferrara aspetta con ansia da troppo tempo ormai.
Per nessuno, nemmeno per me, è stato facile ma adesso che ci siamo riusciti sono contento di questo salto di qualità che consente al Popolo della Libertà, anche a Ferrara, di rendersi portatore dell’unica vera alternativa di governo contro il declino cui la sinistra ha ormai condannato la nostra provincia.
Coloro che non vogliono comprenderlo, si condannano da soli ad una grave rinuncia: quella di vivere da protagonisti - nel grande partito degli italiani che sta per nascere – una nuova esaltante stagione politica, più importante forse persino di quella del 1994.


Luca Cimarelli

*(ex Presidente provinciale A.n.) Co-coordinatore provinciale PDL

mercoledì 25 marzo 2009

I "PADRI" DELLA CRISI di L. A. Ciannilli

Prima dell'intervento odierno del sindaco di Ferrara, sulla crisi economica e sulla gravità della situazione, in particolare nella nostra provincia, già altri sono intervenuti. Ciò che tuttavia sollecita oggi il Sindaco è nient'altro che il "microcredito", una forma di aiuto alle famiglie e imprese praticata, non si vergogni il Sindaco di dirlo, nei paesi... poveri: nato in India, è valso addirittura il premio Nobel per la pace del 2006 a Muhammad Yunus, l’inventore del microcredito.
In Italia, però, questa forma di solidarietà e, soprattutto, di aiuto alle famiglie già esisteva. La importò Giuseppe Mazzini, dall'Inghilterra… e la nostra Regione e la nostra Provincia la raccolsero e diffusero più di altre. Si chiamava: cooperazione. Grazie ad essa nacquero gli "spacci cooperativi" e venne introdotto il "credito da banco": le famiglie più indigenti si rifornivano di beni di prima necessità e pagavano un po' alla volta, secondo le possibilità. Oggi, invece, chi dovrebbe dimostrare istituzionalmente questa solidarietà, anche per rispetto a quell'art. 45 della nostra Costituzione, al massimo raddoppia il valore della "social card" inventata dal Governo.
Ben venga, pertanto, lo stimolo del Sindaco di Ferrara. Ed è auspicabile che lui, in prima persona, voglia dare l'esempio con risorse proprie - non del Comune - per avviare la costituzione del "Fondo di Solidarietà". Ma, soprattutto, queste proposte, in una provincia che vanta il primato nazionale delle ore di cassa integrazione e delle chiusure aziendali, anzichè declamarle sui giornali, perchè non vengono costruite e messe a punto in privato? Coinvolgendo tutti i soggetti, tutti i “padri” della particolare e anomala situazione economica e occupazionale ferrarese? In modo da offrire, almeno per una volta, soluzioni usufruibili ai destinatari.

Luigi A. Ciannilli

martedì 24 marzo 2009

Continua il nostro amore per l'Italia

La conclusione dell'intervento di Gianfranco Fini, all'ultimo congresso di Alleanza Nazionale.

"... Oggi, da protagonisti in patria, noi di An siamo chiamati a cominciare i conti con gli italiani di domani. È una prospettiva del tutto diversa, è una grande storica missione che va vissuta con entusiasmo, nel Pdl entrino coloro che ci credono. Entrino coloro che hanno per davvero amore per l´Italia. Entrino coloro che credono nella bontà delle loro e delle nostre idee, perché lasciatemi concludere con uno slogan della nostra giovinezza, con la semplicità e al tempo stesso l´efficacia degli slogan: se si ha paura vuol dire che o non valgono nulla le idee in cui si crede o non vale nulla chi ha paura. Non dobbiamo aver paura del futuro, dobbiamo avere coscienza della possibilità di costruirlo fin da oggi. Dobbiamo gettare il cuore oltre l´ostacolo e impegnarci con la stessa tenacia con cui l´abbiamo fatto per tanti anni. Oggi finisce Alleanza nazionale, nasce il Popolo della libertà, continua il nostro amore per l´Italia."

venerdì 20 marzo 2009

ABBIAMO BISOGNO DI ALTRO PER DECIDERCI A CAMBIARE I "MANOVRATORI"? di Luigi Ciannilli

Sfogliando e leggendo quotidianamente i giornali viene spontaneo chiedersi di cosa lamentarsi che già non si sapesse sulla nostra sinistrata Provincia ferrarese?
Economia, occupazione, sanità, viabilità e sicurezza stradale cos'è che è stato aggravato dalla crisi economica in atto che già non lo fosse abbastanza e, ormai da anni?
Eppure leggendo le dichiarazioni dei candidati presidenti alla Provincia, già in pista da tempo e, in particolare, della candidata della formazione politica che ha retto questa Provincia sin dalla sua costituzione, pare sia solo questione di ..."cambiare volto", non "sostanza"; cioè persone, idee, mentalità, modi di fare ed operare.
La "Politica" come "servizio" checché ne dica qualcuno, per migliorare e essere di stimolo alla crescita, in tutti i sensi, della società in cui si vive, non uno strumento autoreferenziale per assicurarsi privilegi a vita scaricandone i costi sulla collettività. Retaggio di una mentalità che nonostante il corso della storia d'Italia degli ultimi 63 anni, e nonostante gli esempi illuminanti delle altre province con noi confinanti, della stessa Regione (Modena, Bologna, Ravenna) e di altre Regioni, come il Veneto e la Lombardia, soffre ancora della nostalgia di modelli di società superati e ormai rifiutati dall'uomo. Ne siano dimostrazione i comportamenti e le proposte del neo segretario nazionale a tempo determinato del PD, un ferrarese doc, capace di chiedere al Governo "assistenzialismo" per le fasce deboli espulse dal lavoro, anziché proposte, elaborazioni, disponibilità per come superare le difficoltà.
E lì, ormai scolpita, incancellabilmente, nella mente e nei cuori di migliaia di ferraresi la crisi della Coopcostruttori, come quelle di altre decine e decine di aziende in questa Provincia, per le quali Berlusconi e i sui governi non hanno nessunissima colpa, essendo stato addirittura tradito e minato il modello su cui si fondava la costituzione di quell'azienda. Simbolo nazionale e perfino europeo.
E lì, un'area industriale SIPRO che doveva essere il volano economico del basso ferrarese, che continua, invece, a rullare e consumare risorse europee e nazionali da 40 anni.
E lì, una azienda metalmeccanica, la Berco, che per lo stesso periodo ha attenuato i riflessi negativi sull'occupazione nella stessa area e, ora, a rischio reale, al di là delle illusioni che qualcuno irresponsabilmente continua ad alimentare, di lasciare definitivamente l'Italia: perchè oltre 2000 posti di lavoro fanno gola anche alla Germania, che ne detiene la proprietà, coi tempi che corrono. Un'emorragia che bisognerà impedire a tutti i costi. E gli strumenti esistono.
Una Berco che per portare le sue merci in tutto il mondo e crescere ogni anno, in particolare negli ultimi 15 anni, di fatturato e lavoratori e impiegati, è bene non scordarlo, ha usufruito e sta usufruendo da tempo ormai immemorabile delle infrastrutture viarie e logistiche del Veneto.
E lì è anche, in modo che nessuno possa dimenticarla o distrarsi nei prossimi tre mesi, una viabilità da terzo mondo che distingue più di tutte le altre la nostra Provincia: una viabilità che ha fatto, come drammaticamente ricorda la stessa Provincia che ha ispirato la 1° pagina del Resto del Carlino del 17 Novembre 2007, 1000 (MILLE) morti in 15 anni!!!
E ancora è lì, da 40 anni, sempre in modo che nessuno possa dimenticarlo, l'unico tratto di costa Adriatica, da S. Maria di Leuca a Trieste, sprovvisto di una variante di traffico alla SS 309 Romea, la strada della morte. Con tutti i disagi e anche lì, incidenti e lutti, che ferraresi e non ferraresi conoscono bene.
Credo pertanto che la campagna elettorale che sta per iniziare sarà particolarmente ...vivace, sui temi e gli argomenti che toccano le numerose, tristi realtà di questo territorio e che inchiodano a ineludibili responsabilità chi ci ha finora amministrati. E, dopo la designazione ufficiale del candidato del PDL, Mauro Malaguti, alla Provincia, al quale ho dato sin dall'inizio la mia adesione e sostegno, non solo perchè il candidato del "partito" ma soprattutto per la sua coerenza e trasparenza sui temi e problemi che lo hanno visto impegnato in Consiglio comunale a Ferrara e fuori dal Consiglio, sono anche convinto che queste elezioni saranno portatrici, finalmente, di una novità epocale per la nostra Provincia.

Luigi A. Ciannilli

martedì 17 marzo 2009

CHIEDIAMO LO "SCIOPERO DELL'IGNORANZA"!


Quando il SegreDario parla in TV, con quel suo piglio sicuro e la elle rotolante da ferrarese D.O.C., fa un bell'effetto... sembra perfino che dica delle cose serie.
Quando, invece, le parole di Franceschini le si leggono scritte su un giornale, ci si può anche concentrare sul cosa dice il nostro:
«Un contributo straordinario sui redditi superiori ai 120.000 euro, come quelli dei parlamentari, di due punti percentuali in più per il 2009, per finanziare 500 milioni da destinare ai Comuni e alle associazioni di volontariato per il contrasto della povertà estrema.»
500.000.000 da far pagare a 176mila persone (tante sono quelle che guadagnano oltre i 120mila Euro) e da distribuire ai poveri.
Entriamo nel merito: se consideriamo "poveri" quelli che hanno un reddito dichiarato inferiore ai 6.000 Euro/anno, l'Agenza delle Entrate ci dice che abbiamo i Italia 9.300.000 (novemilionitrecentomila) poveri.
Dividiamo quindi il "tesoro di Franceschini" per il numero dei poveri.
500.000.000 : 9.300.000 = 53,76 Euro/anno a persona (4,48 Euro al mese - meno di 15 centesimi al giorno)
La Social Card - tanto deprecata dai sinistri - ne distribuisce 480 all'anno.
E tutti a parlare di Franceschini "Robin Hood"....
E voi sareste quelli che sostengono lo "sciopero dell conoscenza"? Fate scioperare la vostra ignoranza, così davvero fareste il bene degli italiani!

domenica 15 marzo 2009

POGGIO E', UN POCO, ME... di Rodolfo Sani


Poggio Renatico è stata la mia infanzia e la mia adolescenza. E’ il mio presente e, se Dio lo vorrà, sarà anche la mia vecchiaia. Tutto il ciclo della mia vita si compierà camminando parallelamente a quella di questo territorio, per cui mi piace pensare che io sono Poggio Renatico e Poggio è – un poco – me. Conosco, per averla sentita raccontare dai vecchi, la storia di questa comunità: la prima guerra mondiale che ha chiesto il suo tributo; i momenti di difficoltà del primo dopoguerra; la vita nelle campagne e nella scuola durante il fascismo; l’occupazione tedesca, le mitragliere inglesi e il passaggio del fronte. Il secondo dopoguerra e la “ricostruzione” che, senza troppi traumi, ha coinvolto tutti. L’abbandono progressivo delle campagne… poi sono nato io e questa storia ho preso a viverla “da dentro”. Gli anni dell’asilo delle Suore di Santa Teresa, quelli delle elementari con la Signora Berta e quelli da chierichetto con Don Roberto Tassinari. Gli studi a Ferrara, gli anni di piombo - che per fortuna da noi “rimbombavano” solo attraverso la televisione - e la droga che flagellò la mia generazione. Poi la ricerca di un lavoro… purchè fosse. E la vita da pendolare, vissuta insieme a tutti gli altri pendolari. E mentre io, professionalmente e anagraficamente, crescevo, assistevo al declino di Poggio… inesorabile, verso la realtà di “paese dormitorio” degli anni ’90. Le amministrazioni “deboli” che stavano riducendo Poggio a pattumiera della provincia, le rivolte contro la Niagara, il risorgere di una nuova sensibilità verso l’ambiente. Poi la nuova esplosione demografica seguita all’ambizioso piano regolatore, l’immigrazione di chi è arrivato solo per aver trovato una casa a buon mercato, non un’occasione di lavoro… quella non c’è mai stata. Adesso posso raccontare il presente, quello sotto gli occhi di tutti. Il capoluogo e le frazioni in cui l’essere comunità, il “fare squadra”, è demandato a pochi volenterosi. Un amministrazione comunale che non ha alcuna visione e non ricopre alcun ruolo politico… Si limita ad “amministrare” così come farebbe un amministratore di condominio: si sistema una strada, all’occorrenza; si costruisce qualche marciapiede, si maledice il destino cinico e baro perché non si è potuto terminare il lavoro di rifacimento delle strutture scolastiche e la piscina… poi si fanno tante foto, e altrettante parole.Vorrei poter raccontare un futuro in cui il sindaco è davvero il capo di una comunità. Un futuro in cui la comunità accoglie, via via, i nuovi abitanti del paese, dando loro la gioia e l’orgoglio di essere tutt’uno con gli altri poggesi. In casa propria, sicuro e libero di poter organizzare il futuro per se’ e per i propri figli.Ma temo un altro futuro. Quello di un paese che, da dormitorio, diventa una periferia… in cui ognuno si sente al sicuro solo dopo aver chiuso bene l’uscio di casa e aver lasciato fuori un mondo estraneo. Un territorio senza più una Comunità che abbia coscienza di se’, che scivola piano piano alle condizioni delle periferie padovane o delle banlieues francesi.

venerdì 13 marzo 2009

A TUTTI I MIEI AMICI di Rodolfo Sani


Come senz’altro già saprete, sono candidato per la carica di sindaco alle prossime elezioni del 6 e 7 giugno. Si intitolava “Tu sei il mio amico carissimo”, una vecchia canzone di Cocciante e diceva “Ne’ soldi, ne’ donne, ne’ politica… potranno dividerci”. Io sono, prima che di ogni altra, di questa idea. L’amicizia, infatti, è uno dei valori in cui credo maggiormente.
La politica, però, è il servizio alla polis, alla comunità… e l’amicizia nulla ha a che vedere con quello che è il punto di vista, la ricerca e la pratica politica che può, anche fra amici, svilupparsi su piani e visioni divergenti.
Se non siete credenti vi dico che è stato il destino… se siete credenti, dirò che Dio ha voluto che, a questo punto della vita, mi trovassi a confrontarmi sul terreno della politica contrapponendomi a delle persone, degli avversari politici, che sono miei amici. Non è per far loro torto, ne’ per una mia precisa ambizione (esercito attività politica da 15 anni e mi avete mai visto sgomitare?) ma ritengo che oggi sia arrivato il momento in cui anche io debba giocare la mia parte per la mia comunità.
Innanzitutto vorrei sgombrare il campo dal sospetto che, dietro questa mia decisione, ci siano dei rancori personali o delle precise motivazioni di interesse. Non faccio l’imprenditore, non ho bisogno di favori dal comune e non ho interessi nell’edilizia o in qualche altra attività: sono un semplice dipendente – anche se di discreto livello – di un’azienda privata.
Con Uniti per Poggio – il movimento che vide anche il mio contributo alla sua fondazione – oramai divenuta una solida realtà partitica locale, ci ha diviso una diversa concezione della partecipazione passiva alle elezioni. Da parte mia e da parte loro, si è tentato sino all’ultimo di “mediare”, di trovare una soluzione per risparmiare ai poggesi il brutto spettacolo di un’opposizione all’attuale amministrazione che marci divisa. Eravamo già approdati ad un accordo sia sul candidato a sindaco, sia sul nome dell’alleanza, sia sul simbolo comune. Credo che l’oggetto del contendere, la “pietra dello scandalo”, sia stato il modo di concepire la lista dei candidati al consiglio comunale. Io ero per non escludere nessuno che lo volesse dalla possibilità di chiedere la fiducia all’elettorato, loro erano per una sorta di “primarie” interne al loro movimento e, quindi, per una selezione preventiva che avrebbe determinato delle esclusioni che - a mio avviso - ci avrebbero danneggiato. Per il resto, nella piattaforma di discussione le divergenze erano assolutamente ricomponibili. Per cui, sia chiaro, non è colpa ne’ loro ne’ mia. Se si hanno idee diverse non vi è una "colpa" o una "ragione", semplicemente si hanno idee diverse. Punto.
La mia dichiarazione alla stampa di qualche giorno fa è stata titolata “Sani SFIDA i civici”…. Ma il titolo è stato inventato dal giornalista. Nel testo del comunicato il termine sfida era inteso provocatoriamente contro coloro che andavano in giro, fra i miei elettori e fra gli iscritti al mio partito, ad affibbiare una precisa colpa a me del mancato accordo. Così ho semplicemente voluto dire a tutti che, a richiesta della controparte, sarei stato felice di raccontare pubblicamente, senza tema di smentita, come si sono svolte le trattative e i veri motivi della mancata alleanza fra le nostre reciproche forze. L'unica sfida che intendo lanciare, ora, è a me stesso... di riuscire impegnarmi ancora di più per la mia comunità, oltre che per la mia famiglia ed il mio lavoro.
Per quanto concerne l’attuale sindaco, il Dott. Paolo Pavani - credo che si sorprenderà per questa mia affermazione - ritengo che non abbia mal governato. E’ incappato in qualche sfortuna di troppo (il discorso delle scuole, per citarne una) ma per il resto penso che, per il peso politico che aveva in partenza, sia riuscito a fare il meglio che gli era concesso di fare. In ogni caso non rinnego, ne’ intenderò farlo in futuro, l’amicizia che mi lega a lui da quando eravamo adolescenti e che, nonostante le sue frequenti arrabbiature prevalentemente dovute al fatto che giudica il mio modo di fare politica poco “corretto”, sopravvive e - ne sono certissimo - sopravviverà a qualsiasi tornata elettorale... almeno da parte mia.
Al di là di queste mie storie personali, vi invito a credere al fatto che, chiunque si presenti a richiedere il vostro voto per amministrare Poggio Renatico, costui è animato solamente dal desiderio di operare per il bene comune. Con buona pace di Grillo e dei grillini, nessuno, da quanto mi consta, di coloro che chiederanno la vostra fiducia per ricoprire la carica di Sindaco per Poggio lo farà per proprio tornaconto.
A proposito di Grillo, agli amici che sono attratti dalle sirene dell’antipolitica vorrei dire che la Costituzione Italiana, all’articolo 49, cita “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”
Siccome sarebbe stupido dar credito alla Costituzione a giorni alterni, converrete con me che i partiti, dunque, non sono il fine della politica… bensì il mezzo! E in una democrazia rappresentativa, parlamentare, semipresidenziale o presidenziale che sia, i cittadini DEVONO eleggere dei rappresentanti che, per praticità, si raggruppano in partiti.
La democrazia diretta (invocata, oltre che da Grillo, dagli anarchici) – anche se il nome la fa sembrare migliore – è quella in cui i cittadini esercitano potere legislativo, esecutivo e persino giudiziario e, di fatto, pur apparendo un sistema libero, finisce sempre per delegare tutto il potere nelle mani di un despota. L’esempio più lampante di questa democrazia diretta viene dalla Jamahiriya libica in cui, ad esempio, il colonnello Gheddafi non ha alcuna carica, in quanto il popolo è sovrano, ma di fatto comanda tutto e solamente lui.
Diffidate, perciò, da chi “approda” in politica dall’oggi al domani, senza il necessario tirocinio all’interno di un partito. I partiti servono a formare e selezionare la classe dirigente e ad “insegnare” ai giovani l’importanza ed il valore della democrazia. Ma, se i partiti sono fatti dagli uomini, non si può pensare che un uomo sia fatto da un partito. Perciò chiederò il voto a tutti, sia persone che simpatizzano a sinistra sia a quelle che, al contrario, tifano a destra. Chiederò il voto alla mia persona, non solo ai partiti che mi hanno candidato. E’ vero, sono stato candidato da molti partiti politici, ma lo sono stato perché questi partiti – fra cui quello in cui anche io ho militato – hanno avuto fiducia in me e in quello in cui credo. E per questo stesso motivo andrò, casa per casa, frazione per frazione, a presentarmi alla gente. “Avete fiducia in me?” domanderò… Chiederò ai miei concittadini di interessarsi a sapere chi sono e chiederò loro di parlarmi affinché anche io possa conoscerli. Io non mi atteggerò a tribuno e non pretenderò l’ascolto dalla mia platea: sarò anzi io a stare in platea ad ascoltare le persone. Il giudizio lo chiederò sulla mia “visione”, perché sarà questa ad essere giudicata dagli elettori. Il programma saranno gli elettori stessi a redigerlo. Servizi, istruzione, sicurezza, lavoro, benessere… quanti slogan potrei inventare facendo leva su questi argomenti, tutti egualmente “scottanti”, tutti di massimo interesse per la gente. Invece non procederò a slogan. Lo ripeto, quello che dovranno giudicare i miei concittadini sarà l’idea che io ho su come deve essere il migliore sindaco di Poggio Renatico. Io penso che chi esercita la politica, si debba far carico di tutta la comunità a cui chiede il consenso. Io penso che chi esercita la politica non si debba limitare ad amministrare, bensì guidi, conduca gli amministratori verso l’obiettivo che ritiene il migliore per la propria comunità. Io penso che chi esercita la politica debba assumersi la responsabilità delle proprie idee e delle proprie azioni e, se il consenso ricevuto non sarà sufficiente per raggiungere la vittoria, non si arrenda e, se veramente crede in ciò che pensa, continui a sostenere le sue ragioni. Il buon confronto politico migliora tutti, anche gli avversari.
Rodolfo Sani

lunedì 9 marzo 2009

CAVE CANEM!


Buonasera!
Mi chiamo Bill e sono un cane da difesa.
Sono qui in giardino, con altri due soggetti della mia specie e i due umani che devo proteggere (i miei padroni).
Improvvisamente entrano dal cancello altri due umani che ricordo di aver già visto un paio di volte… e, senza rivolgere lo sguardo verso di me, una di queste butta le braccia al collo della mia padrona. Secondo voi… come agisco io?
1) Mi chiedo se, quella a cui sto assistendo, è un’aggressione alla mia protetta o una manifestazione di affetto fra umani e me ne sto tranquillo a dissertare di filosofia.
2) Mi butto con tutte le mie forze ed azzanno chi sta insidiando la persona che mi ciba e mi accudisce.
Se pensate che la risposta giusta sia la prima, dovreste vivere in un canile… dentro una gabbia, perché avete l’intelligenza di un cane poco intelligente.
Se pensate sia la seconda, allora guardate qua… e date torto al cane, se riuscite.

LA SCUOLA È FALLITA. LA PROVA? WANNA MARCHI di Vittorio Sgarbi*


Sarebbe assolutamente disdicevole che le due Marchi fossero liberate per ragioni sanitarie, di buona condotta, o altre misure che le sottraggano alla giusta pena. Di televisione sono vissute e di televisione sono perite attraverso l’inchiesta «Tapiro salato» accesa da Striscia la notizia. I magistrati dunque non se n’erano accorti, non avevano guardato la televisione, non si erano lasciati incantare da Wanna Marchi. E, molti di noi, avevano osservato il fenomeno televisivo in termini formali o di comunicazione con una certa ammirazione. Urla, imprecazioni, televendite di niente, di amuleti, formule magiche, blocchi di sale. E per chi? A giudicare dalla vistosa condanna (oltre 9 anni di carcere), ingenue vecchiette che sarebbero state raggirate, perché incapaci di intendere e di volere, convinte che gli artifici e le formule miracolose vendute da Wanna Marchi potessero liberarle da un eventuale malocchio. Non è neppure da escludere che anche con successive telefonate le due Marchi e il loro mago di famiglia, Do Nascimento, potessero avere favorito il tremore e la superstizione garantendo la forza magica degli amuleti, o Tapiri salati, venduti per essere nascosti in armadi, in attesa del miglioramento dei tempi. Ho ascoltato il lamento di molte vittime, e non ho visto una vecchina. Le vecchine, furbissime, non hanno abboccato. Le due Marchi hanno rappresentato l’equivalente televisivo del ciarlatano, del venditore di pozioni miracolose, il Dulcamara dell’Elisir d’amore, nella mente di molti per la bellissima aria donizettiana. Nessuno nelle epoche passate avrebbe mai pensato di arrestarlo. Essendo evidente la sua funzione sociale consolatoria e comica. Ma nelle epoche lontane l’inganno poteva fondarsi sulla credulità degli ingenui, ovvero sull’ignoranza, sull’analfabetismo, su quello che oggi si sintetizza nell’immagine delle «vecchine» ingenue e credulone. Ma se allora quella funzione sociale poteva essere riconosciuta, nel nostro tempo non dovrebbe essere consentito un processo alle streghe. E - per paradosso - non si dovrebbero condannare le due Marchi, attraverso l’inchiesta televisiva di Striscia la notizia perché il contesto è cambiato. Il contesto, appunto. Giacché da molti anni vi è la scuola dell’obbligo; l’analfabetismo è ridotto, in alcune aree marginali del Paese, o forse in comunità di clandestini, allo 0,5 per cento, ed è in ogni caso fuori legge. E nessuna persona adulta che abbia fatto le scuole medie inferiori può credere al malocchio e ad amuleti di sale che lo allontanino. Inoltre nelle denunce presentate, per emulazione televisiva, contro le due Marchi non risultano vecchine ma persone di mezza età fra i 30 e i 55 anni, generalmente di sesso maschile e molte diplomate o laureate. Dunque difficile ipotizzare il raggiro. Ma un’ignoranza colpevole che prova, se ne avessimo bisogno, il fallimento della scuola. In questo vuoto si sono calate le due Marchi probabilmente non sospettando neppur loro una zona così ampia di analfabetismo di ritorno. In questa loro funzione di test involontario esse provano oltre ogni aspettativa il maleficio della televisione rispetto alla scuola. Un ragazzo studia italiano, storia, geografia, matematica e poi anche latino, algebra, fisica, francese, inglese; e poi arriva Wanna Marchi con il Tapiro salato e subito, ignorando Dante, Parini, Talete, Archimede, Copernico, si lascia conquistare dal mago Do Nascimento. Altro che Giordano Bruno, Spinosa, Kant, Hegel e Marx. Tutto inutile, il futuro è del Tapiro salato. Eppure nessuna delle persone che noi frequentiamo, e che pure è sottoposta a dosi quotidiane massicce di televisione, sembra aver mai comprato, o ammettere di averlo fatto, Tapiri da Wanna Marchi. Nelle inchieste di Striscia abbiamo visto i volti e sentito le parole delle vittime. Nessun analfabeta. Dunque la colpa è forse della ossessione televisiva, dell’intontimento? Ma è possibile attribuirla a figure comiche prive di ogni credibilità, caricaturali come la urlacchiante Wanna Marchi e la figlia? Anche loro sono vittime dello strumento che ha consentito l’imprevedibile diffondersi del maleficio. Esse sono attrici di uno spettacolo comico. Se uno spettatore laureato uccide perché ha visto un film violento, si è identificato in un eroe negativo, interpretato da un attore, non si arresta il regista del film, non si incrimina l’attore o il produttore. Si fanno riflessioni sociologiche sull’inevitabile violenza dei tempi di cui il film è specchio. Ecco, le due Marchi sono lo specchio dell’ignoranza dei tempi e del fallimento della scuola. Con loro per concorso esterno in associazione a delinquere d’ignoranza diffusa andrebbero incriminati professori, presidi, ministri dell’epoca della scuola media dell’obbligo. Del vero, ben più grave, reato sociale che ho intuito e descritto in tanti sono colpevoli, in televisione e fuori.

domenica 8 marzo 2009

Azione Giovani di Poggio Renatico accoglie una rappresentanza di studentesse tedesche

In un clima di grande cordialità, i ragazzi di Azione Giovani di Poggio Renatico hanno accolto, presso la sede del loro gruppo, una rappresentanza di studentesse tedesche in visita in Italia per uno scambio culturale. Per affermare l'orgoglio nazionale, ma senza mancare al dovere di ospitalità, si è deciso il menù: pizza italiana, birra tedesca, allegria europea!

venerdì 6 marzo 2009

"L'unica nostalgia è quella dell'avvenire"

Questa bella frase di Giorgio Almirante saluta il "passaggio" di Alleanza Nazionale che, domani, celebrerà l'ultimo congresso provinciale. Verrà decretato l'ingresso del partito nella nuova casa de "il Popolo delle Libertà".
Nostalgia per l'avvenire! Qui sta il punto. Non è per un simbolo che abbiamo lavorato, che abbiamo combattuto sino ad oggi... Lo abbiamo sempre fatto solamente per il bene della nostra Italia e dei nostri Italiani. Quindi la nostalgia lasciamola da parte... niente tristezza... Cominciamo una strada difficile, assieme a donne e uomini un po' differenti da noi ma, come noi, animate dalla volontà di agire per il bene comune. Impareremo a cercare con più determinazione la "mediazione" fra posizioni distanti, ma i Valori che portiamo non saranno oggetto di alcun compromesso e non verranno cancellati da nessun congresso. E' solo l'inizio di una nuova avventura. E' solo il domani...!
Rodolfo Sani

giovedì 5 marzo 2009

E adesso che facciamo?


Bene (si fa per dire)!
Ora la crisi sta attanagliando la nostra economia e, da semplice notizia per appassionati di finanza e Wall Sreet Giournal, è divenuta – purtroppo – argomento quotidiano in tutte le nostre famiglie. Come abbiamo letto, quella di Ferrara “spicca” su tutte le province italiane, riguardo all’intensità del ricorso alla CIG (Cassa integrazione Guadagni) da parte delle aziende. A Poggio Renatico le ditte che hanno dato un po’ di posti di lavoro si contano sulle dita di una mano e la metà di queste ha seri problemi a proseguire nella produzione per mancanza di ordini. Nell’immaginario collettivo “cassa integrazione” equivale a “anticamera del licenziamento”… così abbiamo imparato a pensare alla cassa integrazione non come un ammortizzatore sociale ma come un “preavviso di guai seri”. Cercando di sorvolare sulle boutade di Franceschini sul dare i soldi ai disoccupati, con il rischio che qualche furbacchione divenga un “disoccupato di professione” e con la certezza che i soldi non possiamo stamparli in cantina, vorremmo soffermarci sul tema dell’immigrazione. Da oltre dieci anni, l'intellighenzia della sinistra, profeti di multiculturalismo da pomeriggio al bar, non fanno che ripeterci che l’immigrazione è una risorsa, “l’immigrazione permette alla nostra economia di svilupparsi”, gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare e altre facezie di questo tono. Ebbene, con la legge Turco-Napolitano ci siamo riempiti di immigrati (entravano da clandestini poi li regolarizzavamo con le sanatorie: ricordate le file davanti alle poste?), poi un parlamento un po’ più realista ha approvato la legge Bossi-Fini… che sarebbe stata buona se non fosse che, ogni volta che viene emesso un decreto d’espulsione c’è sempre un magistrato militante che lo annulla! Così ci siamo riempiti di immigrati, da tutte le parti più disgraziate del mondo.
Alzi la mano, adesso, chi ha voglia di raccontarci che costoro sono stati “una risorsa” e che hanno “sostenuto l’economia” e che gli italiani – che si trovano con la fabbrica chiusa e con il sedere per terra – “non vogliono più fare questi lavori”?
Allora che facciamo adesso? Togliamo la regolarizzazione agli stranieri? Li facciamo licenziare per poi farli campare a sbafo con i soldi degli stessi italiani diventati più poveri? Chiamiamo il Mago Silvan per farli sparire? Che facciamo?
Noi avremmo qualche suggerimento. Procediamo con ordine ed enumeriamo le proposte:
1) Intanto ringraziamo per la grazia ricevuta i governi Dini-Prodi-D’Alema-Amato-ProdiII-ProdiIII per averci consentito di arrivare a questo punto;
2) Ringraziamo Confindustria per aver mantenuto, grazie all’immigrazione, i dipendenti italiani con gli stipendi più bassi d’Europa (tanto se ad un italiano non andava bene si trovava subito un qualche straniero a cui dare per stipendio le ossa della polenta)
3) Ringraziamo i sindacati CGIL-CISL-UIL che, presi dalla smania di combattere Berlusconi, si sono dimenticati di fare gli interessi dei lavoratori….
E POI?
E poi alle prossime elezioni, invece di votare per “tradizione di famiglia” a sinistra, cominciamo a votare per noi stessi! E possiamo cominciare da qui.

martedì 3 marzo 2009

Una crisi che viene da lontano...

... e non perchè, come i media ci raccontano, ha avuto la sua origine attuale nella crisi dei mutui americani. Questa notizia mi impressiona, ma non riesce a sorprendermi. Ora è persino la CGIL – la quale ha delle responsabilità storiche, soprattutto qui, in provincia di Ferrara – a suonare l’allarme crisi. La scorsa settimana, in visita ad un paio di clienti, ho fatto un salto a Comacchio. Al ritorno, dato che ero riuscito a ritagliarmi in agenda un’oretta libera, ho deciso di percorrere la Romea verso nord, con l’intenzione di reperire qualche nuovo contatto commerciale. Uno spettacolo deprimente: accanto a pochissime realtà evidentemente floride (qualche concessionaria di automobili e qualche ristorante) era un susseguirsi di capannoni maltenuti e semiabbandonati. Che tristezza. D’altronde ci avevano sempre detto che “la bassa” è zona depressa. Giunto a Mesola, ho deciso di “guadare” il Po. Volevo vedere se anche in provincia di Rovigo, la zona del Delta fosse così incredibilmente sciatta sotto il profilo dell’attività economica. Ebbene, non appena passato il ponte che divide Mesola da Rivà, lo scenario è cambiato di colpo. L’impressione era quella di aver attraversato il confine fra Messico e Stati Uniti... Un gran fiorire di aziende commerciali e attività produttive. In serie ho voluto vedere con i miei occhi Taglio di Po, Porto Viro (Donada e Contarina fusesi insieme) e poi Porto Tolle e Donzella, in pieno Delta. Allora mi sono chiesto: “Che differenza potrà passare fra il territorio di Mesola e quello di Rivà, Taglio di Po e Porto Viro che distano dal ferrarese nemmeno due chilometri?”. Infrastrutture, amministrazione, politiche di riqualificazione turistica e del territorio... queste sono le differenze.
Rodolfo Sani

lunedì 2 marzo 2009

Il nostro sindaco è Rodolfo Sani



E così, non senza problemi, il PDL ha finalmente espresso il candidato a contendere a Pavani la guida di Poggio Renatico nel prossimo quinquennio. E' Rodolfo Sani, primo ed ultimo presidente del circolo di An di Poggio.
Sani ha 46 anni, è sposato e padre di due ragazzi. E' di famiglia poggese e qui vive dalla sua prima infanzia. Una lunga carriera nel settore dell'autotrasporto e dei servizi alle imprese. Da due anni è il direttore della sede di Ferrara di un importante corriere nazionale. In politica dal 1992, ha accompagnato la nascita e la crescita del suo partito nel nostro comune. Nel 1998 inaugurò con un giovane Maurizio Gasparri il circolo di Poggio. In questi anni, impegnato a gestire i non facili rapporti con le altre forze politiche locali, è riuscito a raccogliere intorno a sè un nutrito gruppo di ragazzi che ne raccoglieranno il testimone. Il personaggio è di buon profilo e ha messo tutti d'accordo: oltre al circolo di An, da lui presieduto, ha riscosso il consenso di Forza Italia e di Lega Nord.
E' stimato per la sua generosità e le sue peculiarità di persona moderata nel giudizio, seppur "sanguigna" e determinata nell'approcciare i problemi e ricercarne la soluzione.
Ha ricoperto un ruolo importante in un'associazione ambientalista locale e si è sempre battuto, senza pregiudizi, contro le minacce all'integrità ecologica del nostro territorio. Appassionato di storia antica vive la politica come passione. Non ha mai inteso ricoprire un ruolo pubblico per mero interesse personale. "La mia famiglia e la mia comunità sono lo scopo della mia vita."
Sani ci annuncia la preparazione di un primo ciclo di serate nel capoluogo e nelle frazioni atte soprattutto a farsi conoscere da tutti i poggesi. Questo primo "giro" servirà ad ascoltare la gente: coloro che a Poggio abitano da lungo tempo e coloro che sono arrivati qui di recente. E' suo il nostro slogan <... PER RICOSTRUIRE UNA COMUNITA'>.
Al neocandidato gli auguri sinceri di tutti noi.

PDL: UN PARTITO PLURALE, INCISIVO E MAI DOGMATICO di *Alessandro Campi


Esattamente tra un mese, dal 27 al 29 marzo, si svolgerà il congresso di fondazione del Popolo della libertà. Dalla fusione tra Forza Italia e Alleanza nazionale (più altri soggetti minori) risulterà il più importante partito italiano e uno dei più grandi in Europa. Una scadenza che sinora non è stata presa troppo sul serio dai mezzi di informazione e dal mondo politico-culturale cosiddetti “ufficiali”. A suo tempo, la costituzione del Partito democratico è stata scandita da un’intensa discussione pubblica, che in alcuni momenti ha persino sfiorato lo psicodramma collettivo. La comparsa di un sinistra riformatrice e post-ideologica ha prodotto, sin dal primo momento, speranze ed entusiasmi, dibattiti articolati e pubblicazioni ponderose, ma ciò non ha evitato il naufragio politico che abbiamo avuto dinnanzi agli occhi in questi mesi e settimane. La sufficienza che sta accompagnando l’avventura del Pdl, motivata dall’errata convinzione che si tratti dell’ennesimo giocattolo berlusconiano, potrebbe dunque suonare come un auspicio di lunga vita. Si direbbe che la sinistra pensa molto e gode di grandi attenzioni mediatiche, ma ciononostante fallisce drammaticamente i propri obiettivi. Mentre la destra, poco avvezza al dibattito interno e ancora largamente ignorata dagli opinionisti, raggiunge silenziosamente e con decisione tutti i suoi traguardi. Ciò chiarito, è giunto egualmente il momento di accendere i riflettori su questo nuovo soggetto, generato con modalità effettivamente insolite: attraverso un solitario atto di volontà e un grandioso colpo di teatro, già passati alla cronaca come la “rivoluzione del predellino”. La teoria vuole che i partiti nascano dal basso, per aggregazioni successive e crescenti di interessi e passioni. La pratica e l’esperienza del Pdl dimostrano che possono venire al mondo partendo dall’alto, sulla base di una miscela di intuizione e ingegneria, sommando la forza visionaria di un leader e le capacità organizzative di un gruppo dirigente politicamente motivato. Ma creare un partito non è lo stesso che farlo vivere e durare, specie se la motivazione che sorregge lo sforzo di un parto tanto impegnativo è, come in questo caso, quella di dare compiutezza alla cavalcata solitaria e trionfale di un uomo solo: di rendere un giorno possibile e agevole il passaggio da Berlusconi al berlusconismo, inteso come famiglia o eredità politica radicata nella storia del paese. Cosa dovrebbe dunque essere il Pdl per risultare, non solo vincente nell’immediato, ma vitale e longevo? E cosa dovrebbe evitare per non ripetere le difficoltà del suo omologo oggi in pieno marasma? Dire, come si è detto spesso in queste settimane, che sarà, per necessità e virtù, un partito presidenziale e carismatico è ancora dire poco. La leadership è essenziale, ma per risultare efficace non può agire in una sorta di eterno vuoto politico. Per conseguire i suoi obiettivi di lungo periodo un tale partito avrà anche bisogno di regole chiare e cogenti, che ne garantiscano la democrazia interna e assicurino dunque un effettivo pluralismo tra le sue diverse componenti ideali; di un radicamento efficace sul territorio, condizione indispensabile affinché la sua classe politica, ad ogni livello, venga selezionata nel fuoco della lotta politica e non cooptata dall’alto, come oggi spesso avviene; e per finire di un apparato, leggero quanto si vuole, di militanti e iscritti che possa realmente partecipare alla sua vita istituzionale, arricchendola di esperienze e contenuti. Come tutti i partiti a vocazione maggioritaria che operano nelle altre democrazie occidentali, anche il Pdl non potrà che essere, per venire ai contenuti, inclusivo e plurale e perciò tutt’altro che dogmatico e culturalmente monolitico: un partito dalle molte idee seppure guidato da una sola volontà. Dovrà parlare alla società italiana nel suo complesso, in tutte le sue articolazioni e differenze, e dovrà perciò possedere una vocazione autenticamente nazionale e una dose necessaria di laicità e di senso delle istituzioni. Dovrà guardare al futuro e perseguire obiettivi di innovazione, avendo tuttavia salde radici nella storia e nella memoria dell’Italia. Quanto ai valori, meglio non enfatizzarli o brandirli troppo, dal momento che essi per definizione dividono; senza contare che la politica, nella sua pratica quotidiana, rischia solo di svalorizzarli e inflazionarli. Tra i pericoli da evitare, visto ciò che è accaduto nel Pd, il principale è quello di accontentarsi di far convivere al proprio interno tradizioni politiche e identità radicate nel passato ma che la storia ha largamente reso obsolete: il comunismo è fallito da un pezzo, ma anche il liberalismo oggi non se la passa tanto bene. Forse occorre, sotto ogni latitudine politica, un generale rinnovamento delle idee. Entrando nel Pdl, gli ex di ogni partito dovranno accettare di mettersi in discussione, di ricercare nuove e inedite sintesi ideologiche, di creare un nuovo senso di appartenenza, di declinare in forme nuove le visioni ideali e politiche che hanno ricevuto in eredità. Nemmeno lontanamente, poi, il partito che nasce dovrà assomigliare ad una coalizione o, peggio, ad una aggregazione di forze tenute insieme solo da un temporaneo vincolo di fedeltà personale al leader, senza che maturi una visione politica condivisa: un tale partito non avrebbe alcun futuro. Ma il rischio peggiore sarebbe la chiusura oligarchica dei suoi gruppi dirigenti, con la messa a punto di meccanismi di partecipazione fittizi o soltanto coreografici. Sarebbe una colpa mortale per un partito che nasce nel nome del popolo e della libertà.Di certo c’è, per concludere, che il nascente Pdl rappresenta un’occasione irripetibile, che se affrontata con convinzione e senza retropensieri potrebbe determinare cambiamenti assai importanti nella politica italiana.
Alessandro Campi
*Direttore scientifico della fondazione Farefuturo
Questo articolo è uscito su Il Tempo del 27 febbraio 2009