giovedì 2 settembre 2010

Il Capo perduto


Lo scorso anno, contrariamente a quanto avvenne l’anno prima (eletto Presidente della Camera nell’aprile 2008, rifiutò l’invito per il settembre di quello stesso anno “per rispettare il ruolo istituzionale che ricopriva”), a Mirabello arrivò Fini.
Non nella giornata di chiusura, per fare il comizio dal palco, in piedi davanti a tutta la sua gente, come eravamo abituati, da Almirante in poi… No: comodamente seduto su una chiara e morbida poltrona di pelle in puro stile Maurizio Costanzo Show, abbronzato e rilassato.
Intervistato da un equilibratissimo – e sin troppo benevolo – Visci, il Presidente della Camera provava ad argomentare le sue sparate degli ultimi mesi.
La platea che lo ascoltava, pur essendo composta dai “soliti”… dagli abitueè di Mirabello, non era più la sua gente. Lo si vedeva, lo si sentiva.
Anche lui lo ha sentito: più volte ha provato, con la tecnica retorica che tutti gli riconoscono, a strappare l’applauso. Ma non vi furono applausi se non quelli di maniera, freddini, dovuti ad un ospite qualsiasi. Il Popolo di Mirabello, come amavano chiamarlo Lodi, Balboni e lo stesso Fini, non aveva potuto seguire il suo leader storico nelle evoluzioni da funambolo in cui si era prodigato negli ultimi anni. Non gli aveva perdonato del tutto il passo falso dell’elefantino, quello della coccinella, le esternazioni di Gerusalemme, il cambio di direzione rispetto alle unioni omosessuali, i distinguo sull’etica della fecondazione artificiale. Il Popolo di Mirabello aveva già capito di aver perduto il Capo.
Quando poi, cercando un ultimo slancio di consenso, disse del Pdl “che non dovrà essere un partito casermetta” arrivò persino qualche fischio. Noi militanti – quelli che ancora sentono proprio il retaggio del Credere, Obbedire, Combattere – tentammo di fare da claque per trascinare gli applausi… Ma anche qui la reazione fu fredda.
Non era credibile un’affermazione simile da chi, pochi mesi prima, aveva azzerato d’autorità i vertici del suo partito perché, in un bar, di fronte ad un caffè, alcuni di loro si erano lasciati scappare apprezzamenti poco lusinghieri sulla sua linea politica. Oltre ai fischi qualche grido arrabbiato all’indirizzo dell’oramai ex-leader.
Io, dalle ultime file, vedevo la nuca dei dirigenti provinciali mentre, a capo chino, scuotevano sommessamente la testa. Fra questi molti dei Finiani di oggi.
Un epigramma di Euripide recitava Quos vult Jupiter perdere, dementat prius (A coloro che vuol rovinare, Giove toglie prima la ragione).
Vale per Fini… e anche per altri, purtroppo.

Rodolfo Sani

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