domenica 15 marzo 2009

POGGIO E', UN POCO, ME... di Rodolfo Sani


Poggio Renatico è stata la mia infanzia e la mia adolescenza. E’ il mio presente e, se Dio lo vorrà, sarà anche la mia vecchiaia. Tutto il ciclo della mia vita si compierà camminando parallelamente a quella di questo territorio, per cui mi piace pensare che io sono Poggio Renatico e Poggio è – un poco – me. Conosco, per averla sentita raccontare dai vecchi, la storia di questa comunità: la prima guerra mondiale che ha chiesto il suo tributo; i momenti di difficoltà del primo dopoguerra; la vita nelle campagne e nella scuola durante il fascismo; l’occupazione tedesca, le mitragliere inglesi e il passaggio del fronte. Il secondo dopoguerra e la “ricostruzione” che, senza troppi traumi, ha coinvolto tutti. L’abbandono progressivo delle campagne… poi sono nato io e questa storia ho preso a viverla “da dentro”. Gli anni dell’asilo delle Suore di Santa Teresa, quelli delle elementari con la Signora Berta e quelli da chierichetto con Don Roberto Tassinari. Gli studi a Ferrara, gli anni di piombo - che per fortuna da noi “rimbombavano” solo attraverso la televisione - e la droga che flagellò la mia generazione. Poi la ricerca di un lavoro… purchè fosse. E la vita da pendolare, vissuta insieme a tutti gli altri pendolari. E mentre io, professionalmente e anagraficamente, crescevo, assistevo al declino di Poggio… inesorabile, verso la realtà di “paese dormitorio” degli anni ’90. Le amministrazioni “deboli” che stavano riducendo Poggio a pattumiera della provincia, le rivolte contro la Niagara, il risorgere di una nuova sensibilità verso l’ambiente. Poi la nuova esplosione demografica seguita all’ambizioso piano regolatore, l’immigrazione di chi è arrivato solo per aver trovato una casa a buon mercato, non un’occasione di lavoro… quella non c’è mai stata. Adesso posso raccontare il presente, quello sotto gli occhi di tutti. Il capoluogo e le frazioni in cui l’essere comunità, il “fare squadra”, è demandato a pochi volenterosi. Un amministrazione comunale che non ha alcuna visione e non ricopre alcun ruolo politico… Si limita ad “amministrare” così come farebbe un amministratore di condominio: si sistema una strada, all’occorrenza; si costruisce qualche marciapiede, si maledice il destino cinico e baro perché non si è potuto terminare il lavoro di rifacimento delle strutture scolastiche e la piscina… poi si fanno tante foto, e altrettante parole.Vorrei poter raccontare un futuro in cui il sindaco è davvero il capo di una comunità. Un futuro in cui la comunità accoglie, via via, i nuovi abitanti del paese, dando loro la gioia e l’orgoglio di essere tutt’uno con gli altri poggesi. In casa propria, sicuro e libero di poter organizzare il futuro per se’ e per i propri figli.Ma temo un altro futuro. Quello di un paese che, da dormitorio, diventa una periferia… in cui ognuno si sente al sicuro solo dopo aver chiuso bene l’uscio di casa e aver lasciato fuori un mondo estraneo. Un territorio senza più una Comunità che abbia coscienza di se’, che scivola piano piano alle condizioni delle periferie padovane o delle banlieues francesi.

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